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CRESCERE NEL CRIMINE

Ragazzi e ragazze, tutti rinchiusi nello stesso lurido posto. Vittime delle loro azioni. Vittime di ciò con cui si sono macchiati. Vittime di chi li ha cresciuti. Ma soprattutto, vittime di loro stessi. Quando sei vittima di te stesso non puoi correre da nessuna parte. Solo imparando ad affrontare la realtà, solo così, potrai dire di essere veramente libero. Ma ci si può liberare della propria mente? Non potrai mai sentirti libero se prima non impari a convivere con quel che hai fatto pagandone le conseguenze. Alcune cicatrici è difficile guarirle. Dipende dove te le porti, se nel corpo, o nella mente. I pensieri fanno male, logorano. Le azioni ne conseguono. Ma quando ti ritrovi in un posto dove quel che hai fatto ti viene messo tutto su un tavolo, non puoi non guardare in faccia la realtà. Così impari a conviverci h 24, rimanendo solo tu coi tuoi pensieri perenni. Loro verranno uniti da una sola cosa, ovvero, una cella fredda ed un pavimento polveroso dove parlare dei loro maledetti problemi. E questa, è la loro storia... Lui, per lei è come una calamita Lei, per lui è la persona sbagliata. Lui, è la tempesta. Lei, è la calma. Lui, è la persona da cui vorresti stare lontano. Lei, è la persona a cui vorresti stare affianco. Lei, è cresciuta volendo pensare al futuro. Lui, è cresciuto restando intrappolato nel passato. Lei, angelo dannato in cerca di emozione. Lui, demone disperato in cerca di pace. Lei, vittima del pericolo. Lui, vittima del crimine. ⏩©copyright,tutti i diritti riservati sequel: "VIVERE NEL PERICOLO". STORIA COMPLETATA⏪

thestories01 · Real
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66 Chs

XXXIX° questione di punti di vista

Christian Jay (POV'S)

Si rimise in piedi. Restò a fissarmi.

«Taylor... Stai bene?» le domandai ancora.

Non rispose.

-Rimasi ad osservarla- ‹Che le prende?›

Ad un certo punto, sorrise.

«Sto benissimo.»

Fece per sorpassarmi ma la fermai.

«Come mai la sedia è in mezzo alla stanza?»

Taylor girò il viso verso di me «Oh, non ne ho idea.» ‹Ma che cosa...› -ne fui perplesso.-

Le dissi «Sei proprio sicura–..» «Sì!» alzò la voce «Ups, scusami. Ho alzato troppo la voce?»

Io «Che–..» non terminai di dire ciò che dovevo, si mise a ridere tra sé e sé.

Le lasciai il braccio, rimasi con la mano sospesa a mezz'aria.

Non sembra nemmeno lei.› -pensai nel mentre che la sua risata si affievoliva man mano.-

Claus Jhones (POV'S)

Ero accompagnato dal suono della pioggia battente e dai miei passi che riecheggiavano lungo il sottopasso.

Non riuscivo a pensare. Non riuscivo a concentrarmi.

Dannazione.›

Mi fermai per prendere respiro.

Se ti avessero scoperto?› -questo pensiero mi colpiì.-

Silenzio.›

‹Tutto ora sarebbe finito.› -non si fermò.-

Zitta.›

‹Se tutto sarebbe sfumato che cosa avresti fatto?›

Serrai le palpebre e strizzai gli occhi.

Okay, calma...› -pensai.-

*plink*

Riapriì gli occhi di scatto.

*plink*

Puntai lo sguardo verso verso l'alto.

Si poteva chiaramente notare l'umidità che c'era in questo posto, si poteva percepire persino nell'area.

*plink*

Fuoriusciì un'altra goccia dalla crepa che si trovava sul soffitto. Cadde, veloce, proprio lì dove presto avrebbe preso vita una piccola pozzanghera.

*plink*

Mi stava urtano i nervi.

‹E se ti avessero scoperto?› -tornò ad infastidirmi.-

Dacci un taglio.›

*plink*

Avresti mandato tutto in fumo.›

*plink*

L'ennesima goccia cadde.

Non devi commettere errori.›

‹Lo so.›

*plink*

Tutto è appeso a un filo.›

‹Lo so.›

*plink*

Se fallisci sai che cosa potrebbe succedere?›

*plink*

Ne sei consapevole vero?›

«Lo so!» gridai.

L'unica persona presente in questo posto si voltò, disse qualcosa fra sé e sé, ma non la calcolai.

La metro sarebbe arrivata fra trenta secondi.

2h

Apriì la porta.

Ero esausto e avevo una gran fame, erano le nove di sera.

Dopo essere entrato in cucina apriì il frigo.

«Oh...» si udì.

Quando mi fui voltato dissi «Non hai cucinato niente?»

Dopo aver richiuso lo sportello alzai il mio sguardo su di lei.

Sara disse «Ti ho mandato un messaggio...»

Tirai fuori il telefono.

Sara: Inizio a preparare la cena?

«Non mi hai risposto, così ho aspettato.» terminò così di parlare.

Alzai la sguardo su di lei.

«Avresti dovuto prepararla lo stesso.»

«Sì, ma–..» «Mah un cazzo!» la interruppi bruscamente «Dovevi farlo!»

Sara si trinse nelle spalle «Ascolta...»

«No!»

Rovesciai la sedia per terra. Ebbe un sussulto.

«Raccoglila.» e dopo aver detto questo andai in camera.

Passò una mezz'ora buona.

*toc toc*

«È aperto, che bussi a fare...» mi passai una mano sul viso.

Lei entrò «È pronto.»

«Okay.»

Si voltò per andarsene.

«Aspetta.» la feci fermare.

Quando si fu girata verso la mia figura mi alzai avvicinandomi in seguito a lei.

«Dimmi.»

Presi fra le mani il bong che si trovava proprio sul mio comò, presi su l'accendino, e dopo averlo acceso feci un lungo tiro.

Ancora col fumo intrappolato nei polmoni dissi, facendolo fuoriuscire man mano che aprivo bocca «Tu vuoi rimanere quì, giusto?»

«Claus...» cominciò «Ne abbiamo già parlato–..» «Già. Ne abbiamo già parlato.» strusciai il dito sulla rotellina.

Sara mi guardò «Da quando sono quà ho sempre fatto tutto ciò che mi hai chiesto.»

Buttai fuori tutto il fumo rispondendole «Sì.» cominciai a dire «Ma delle volte mi fai innervosire, mi cadi sulle cose ovvie.»

«Se è per la cena–..» la interruppi nuovamente «No, non è per la cena. Sto parlando in generale.» riappoggiai il tutto sul comò.

«Claus–..» «Ah! No no...» la zittiì «Io ti sto permettendo di nasconderti.» le ricordai «Senza chiederti soldi, né altro. Hai pure una camera tutta tua. È un lusso. L'unica cosa che ti chiedo è di farmi da "mogliettina". È tanto difficile?»

«No.» rispose con un tono secco.

Compiì un solo passo, le arrivai vicinissimo.

«In cambio avrei potuto chiederti ben altro...» le passai il dorso della mia mano sul viso e lei chiuse gli occhi «Avrei potuto scegliere di farti fare la mia puttana personale, e invece, ho scelto di usufruire di te in ben altri modi. Quindi... Sii grata.» scostai la mano «Mi sono spiegato?»

Lei «Sì...» schiuse le palpebre.

«Bravissima.» le dissi all'orecchio.

La sorpassai lasciandola sulla soglia della mia stanza.

«Ah, ancora una cosa...» mi fermai «'Sta sera me lo faresti un massaggio?»

Ci mise qualche secondo di troppo a rispondere «S-sì.»

«Brava.»

Mi diressi in cucina.

Nicolas Kepler (POV'S)

Era mattina, mi trovavo nel corridoio con Steven.

«Fai in fretta. Dimmi cosa vuoi.»

Di che cosa si stava lamentando? Infondo non c'era nessuno nei dintorni.

«Sai che James mi segue.»

«Sì.» disse «Per questo sono venuto a prenderti prima di lui. Muoviti, prima che salti fuori.»

Così gli dissi «L'altra sera mi è arrivato un aeroplanino di carta. Mi è atterrato proprio ai piedi.»

«Da parte sua?»

«Sì, da parte sua.»

«Incosciente...» commentò Steven.

Gli chiesi «Ti ha più detto qualcosa? Ha chiamato forse?»

«No, non mi ha detto più niente.» rispose.

«Perchè un bigliettino?»

Lui sbuffò in tutta risposta «Mi stai facendo delle para'? Perchè–..» «No. È che mi sembra strano, perchè rischiare di farsi scoprire così? Non ha più neanche detto niente.»

Steven mi domandò «Cosa c'era scritto nel biglietto?»

Infilai la mano in tasca.

«Aspetta...»

Non lo riuscì a trovare così la Infilai nell'altra. Ma non lo trovai nemmeno lì.

Dov'è finito?›

Mi svuotai le tasche.

Steven «Non dirmi che lo hai perso!»

Si udirono dei passi, mi prese subito per il gomito e mi attirò a sé.

«Auh!» mi lamentai.

«Steven.» James pronunciò il suo nome «Mi è stato impartito l'ordine di occuparmi del detenuto 6 0 9, quindi perchè ci hai pensato tu?»

Lui «Oh, mi spiace, io non ne sapevo niente.» gli rispose.

James gli lanciò una lunga occhiata.

Giunsi in mensa.

I miei occhi cercarono in automatico Taylor, e poi, ricaddero su Aron.

-Mi misi a pensare fra mé e mé- ‹Cosa mai potrebbe esserci fra loro due?!›

Entrambi si trovavano seduti ai loro posti. Ben lontani l'uno dall'altra.

Certo che, in comune, non avevano niente.

Lei sembrava essere fatta di luce. Mentre lui era come le notti d'Autunno senza luna. Quelle più oscure e tenebrose, inghiottite interamente dalle tenebre. Notti buie, tempestose. In continuo tormento.

E poi c'era lei, fresca come una tra le ultime giornate di Primavera. Il suo completo opposto.

Anche se, ultimamente, sembrava somigliare più ad un temporale estivo.

Le andai incontro.

Taylor Vega (POV'S)

Da quando avevo preso tutte quelle pastiglie non avevo più avuto forti attacchi di mal di testa.

Le volte in cui me le portavano oramai le facevo finire del water, con tutte quelle controindicazioni ed i segreti racchiusi in esse, non avevo più intenzione di prenderle. E ne ero convinta.

Ora mi sentivo bene.

Ne sei così sicura?›

‹Sì. Perchè non dovrei?›

‹I vuoti di memoria...› -si aggiunse- ‹Non ci hai fatto caso?›

‹Quali vuoti di memoria?›

Nella mia testa, non ci fu risposta.

Non parlerà più.›

‹Cosa?›

Rimarrà zitta d'ora in poi.›

-Non riusciì a capire- ‹Che intendi dire?›

Silenzio. Quel che ci fu, fu silenzio.

Intravidi Nicolas.

Si sedette davanti a me, non disse una parola. Spostò poi lo sguardo per un attimo e sbuffò prima di tornare a guardare me.

Inarcai un sopracciglio. Mi girai per capire da che cosa fosse infastidito, curiosa.

Notai Aron, e lui, alzò il suo sguardo dal piatto. Con uno scatto tornai diritta verso Nicolas.

«Tutto okay?» mi chiese.

«Sì.» annuiì «E tu?»

Nicolas sbuffò nuovamente «No. Mi da fastidio essere seguito...»

Mi girai di nuovo, non del tutto, e 'sta volta evitai di trovarmi di nuovo col guardare Aron.

Più in là notai James. Era lui che lo stava seguendo?

Nicolas «La vuoi smettere?»

Mi ricomposi.

Cominciai col dire «È da tempo che non ci vediamo.» chiesi in seguito «Che fine avevi fatto?»

«Tante cose...»

«Capisco...»

Lo guardai di sottecchi.

Il nostro rapporto era un qualcosa di piuttosto altalenante. Il giorno prima ridevamo ed il giorno dopo a malapena parlavamo oppure discutevamo.

Delle volte mi sembrava che fosse irraggiungibile. Uno sconosciuto.

Che fosse stato bipolare? No, perchè, ne avevo già conosciuti abbastanza fino ad ora a parer mio e non ne avrei voluti conoscere degli altri.

Non seppi perchè ma qualcosa mi spinse a puntare gli occhi proprio alla mia sinistra.

Vidi la sua figura passarmi davanti. Non mi degnò di uno sguardo, nemmo di un cenno.

Be', c'era da aspettarselo.› -pensai nel mentre che continuavo ad osservarlo.-

Perchè se era il primo ad avvicinarsi quando lo faceva qualcun'altro all'infuori di lui s'allontanava?

Quali sono i mostri che ti forviano la mente Aron Jhones?›

Aron Jhones (POV'S)

‹Ti sta guardando.›

‹Non mi interessa.›

‹No?›

Usciì dalla grande stanza.

...FLASHBACK...

Sono appena stato portato in mensa.

Chissà quale schifezza ci riserverà oggi il menù di questo postaccio.› -penso mentre mi dirigo al bancone.-

«Ora balbetti anche?» sento dire.

Mi volto in quella direzione, noto Rose. Chi starà infastidendo?

Dalla mia posizione non è che veda granché, la figura del suo interlocutore si trova nascosta da lei.

Decido comunque di farmi gli affari miei alla fine.

Rose «A presto»

Mi sto per voltare.

«novellina...»

Mi fermo.

Questa si alza in piedi.

Era nuova? In effetti, non l'avevo mai vista prima.

La ragazza si guarda in giro piuttosto spaesata.

Perchè non andarle a dare fastidio?› -mi chiedo.-

Mentre si guarda attorno non sembra notare che stia venendo verso di me.

«Tu quindi saresti una novellina?» dico «Be', ti hanno già dato il benvenuto.»

Si volta. I suoi occhi si scontrano coi miei.

La squadro letteralmente dalla testa ai piedi, poi le faccio una battuta e mi guadagno una risposta poco a modo.

«Bene, però se continuerai a rispondere così di questo passo la lingua te la taglieranno.» dico con divertimento.

Detto ciò, me ne vado. La lascio lì.

Perchè hai dovuto darle fastidio?›

Perchè mi diverte andare ad infastidire un agnellino che si ritrova in una gabbia di leoni.› -così mi è sembrata, non avrei potuto lasciar perdere.-

...FINE FLASHBACK...

Scossi la testa. Che andavo a pensare?

La sera dopo aver cenato mi ritrovai a prenderla col sacco da box.

Sì, bravo, sfoga la tua rabbia.›

Era l'unico modo. Un punto di sfogo. Ne avevo bisogno.

Notai un movimento.

«Chi sei?!» chiesi.

«Aron

Non dovetti neanche guardare dalla sua parte per capire di chi si trattasse. Quella voce innocente poteva appartenere ad una persona soltanto.

«Cosa ci fai quì?» domandai mentre continuavo a sferrare pugni.

Taylor «E tu? Cosa fai quà?» mi rigirò la domanda.

Fermai il sacco con le mani.

«Non è evidente?» le dissi.

Lei non rispose.

Tirò fuori una sigaretta dalla tasca. Durante il suo momivento mi saltò all'occhio un particolare. Il polso.

«Che hai combinato?» le chiesi.

Taylor scostò lo sguardo per un attimo «Di che parli?»

Mi prende in giro?›

Quando sembrò notare dove tenessi lo sguardo si abbassò la manica.

Mi ci avvicinai.

Lei indietreggiò «Che–..» «Il polso.»

«Il polso? Che polso?» parve essere presa in contropiede.

Con un solo scatto la mia mano fu intorno al suo arto.

Serrò le palpebre «Per favore...» si sbilanciò indietro.

«Quindi?»

«Lasciami...» mi guardò.

Presi il lembo della sua felpa.

«Aron...»

Le tirai su la manica. Cercò di ritrarsi ancora.

Notai poi che ci fossero degli altri segni situati più in alto. Macconi, lividi.

Le scopriì il braccio.

Si lamentò «Lasciami! Dannazione!»

Come se li era procurati?

Continuai ad alzarle manica.

«Non mi toccare!»

Non la ascoltai.

Più su si poteva intravedere anche un altro tipo di segno.

Così, mi sorse un dubbio.

Con un gesto veloce, senza lasciare la presa dal suo polso, le tirai su la maglietta.

«Come...»

Taylor si strattonò dalla mia presa ma non riuscì a liberarsene.

«Sta' ferma!»

Continuò a non ascoltarmi. Cercò di ritrarsi ancora.

Le presi entrambi i polsi. Ebbe un forte sussulto.

La guardai in faccia «Che caz–..» mi bloccai.

Una lacrima le solcò il viso, solo ora notai quanto stesse tremando sotto la mia presa.

Taylor «T-ti prego. Non... t-toc-carmi!»

Rimasi immobile, fermo, sui suoi occhi serrati dalla paura.

Da quale recondito angolo deriva il suo terrore?›

Quando le lasciai andare piano i polsi sembrò schiudere gli occhi.

Taylor Vega (POV'S)

Calma calma calma calma calma calma calma calma, stai calma. Resta calma. Calma! Va tutto bene. Tutto bene! Sono al sicuro. Al sicuro, al sicuro, al sicuro. Niente mi trattiene. Va tutto bene...› -presi aria- Tutto-bene.›

Decisi di riaprire del tutto gli occhi, il cuore ancora mi batteva all'impazzata.

*krakoom*

Un tuono venne susseguito da un fulmine che illuminò tutto a giorno per un solo instante.

Claus.› -lui, era davanti a me.-

Aron Jhones (POV'S)

Insieme al cielo si squarciò anche la poca calma che stava cercando di riprendersi.

Lo sguardo di Taylor mutò.

Sembra che abbia visto il mostro che la tormenta nel sonno.›

«Lasciami! Lasciami!»

Lasciai la presa. Rimasi con le braccia a mezz'aria mentre lei indietreggiava fino alla parete che si trovava addietro.

Si coprì con le mani, come per proteggersi da qualcosa. O qualcuno.

Taylor Vega (POV'S)

Il respiro ricominciò ad accelerare, il cuore a battere più forte.

Ricominciai a tremare. Ad evere delle scosse.

Panico.› -l'unica parola a cui riusciì a pensare fu: 'panico'.-

Mi accasciai a terra, proprio sotto al muro.

Aron Jhones (POV'S)

Stava avendo un attacco di panico?!

«Taylor!»

Mi fiondai su di lei.

La chiamai ancora «Taylor! Cazzo, apri gli occhi e guardami!»

La toccai.

«No!» si coprì con le mani.

Protese le braccia verso di me, come a volermi allontanare. Si mise sulla difensiva.

Che avrei dovuto fare?

Mi guardai intorno, non c'era quasi nessuno, come avrebbero fatto ad accorgersene?

Tornai con lo sguardo su di lei.

Io «Ascolta, mi senti?»

I tremori non accennevano a cessare.

«Oi... sono Aron.»

Cercai le sue mani. Feci piano, delicatamente. Continuai a parlarle, a farle sentire la mia voce.

«Ascoltami...»

Guadagnai la sua attenzione, i suoi occhi non erano più chiusi.

«Ora ti devi calmare. Okay?» cominciai poi a dirle «Segui me. Intesi?»

Si limitò ad annuire in modo agitato.

Le feci segno di riempire i polmoni e di inspirare piano per far sì che il respiro si regolarizzasse e lei mi seguì senza dire mezza parola.

Dopo averle messo una mano dietro alla nuca la adagiai contro alla parete.

Fecimo dei respiri profondi insieme, con calma. Senza alcuna fretta.

Il tutto non era cessato ma iniziò comunque a stare meglio.

Interi minuti trascorsero.

Chiuse gli occhi per un secondo e quando li raprì, guardandomi con assoluta sincerità, mi disse «Grazie...»

Mi allontanai da lei ma rimasi comunque lì per terra sorreggendo il mio peso su un ginocchio.

Ouch...› -mi lamentai.-

Sai che non dovresti sforzarlo.›

Rimasi ad osservarla.

Le domandai con cautela, anche se non era di certo il mio forte «Che ti è preso? Che è successo?»

Alzò il suo viso sulla mia figura.

«È che tu–..» si bloccò.

«Io...?» la incalzai.

Smise di parlare.

«Ho visto–..» smise di nuovo di parlare.

«Parla.»

Poi mi guardò negli occhi «Nessuno.» Nessuno?›

«Nessuno che cosa?» poi mi venne spontaneo chiederle «E quei segni?»

Sussultò impercettibilmente, smise definitivamente di guardarmi in faccia.

«È stato Nicolas?!»

«Nicolas? No!» alzò i suoi occhi di scatto.

La presi per le spalle «Allora chi?» mi stava facendo spazientire.

Si appiattì di più contro al muro «Niente...»

«Niente?!»

Si alzò in piedi.

Io «Dove stai andando?!»

Stetti per afferrarle la mano ma alla fine non lo feci.

La lasciai andare via.

Il giorno dopo mi trovavo in ambulatorio.

Il medico disse rivolto a Christian «Sta migliorando.» ‹Può anche dirlo direttamente a me, mica sono un bambino.› -pensai infastidito.- «Ma non sta guarendo bene.»

«E te pareva...» commentò Christian.

Egli «Non ha più bisogno del tutore, però ciò non vuol dire nulla.» detto questo poi finalmente si rivolse a me «Compi troppi sforzi che non potresti permetterti.»

«Uff, che pa–..» «Sì. Concordo!» venni interrotto da quell'idiota in divisa.

«Ahi!» mi lamentai «Hey!» mi aveva tirato un calcio sotto alla scrivania!

Dopo avermi detto altre due cose sul mio conto ci lasciò andare.

Stavamo camminando.

Stavo continuando a pensarci.

Che cosa ha visto?› -poi riformulai la mia stessa domanda ‹O meglio, chi ha visto?›

Un pensiero contorto mi illuminò la mente. No, era impossibile. Però...

Mi era capitato di vederla far ritorno piuttosto scossa dopo i suoi incontri, ma non ci avevo mai dato peso.

Ma poi perchè arrivare a pensare ad una cosa del genere? Non ce ne sarebbe stato alcun motivo.

Sperai di sbagliarmi, di essere fuori rotta, ma non potevo di certo esserne sicuro al cento per cento.

Sarei dovuto andarle a parlare. Proprio l'ultima cosa che mi ero ripromesso di non fare e sempre l'unica che le avevo proibito di dover fare.