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CRESCERE NEL CRIMINE

Ragazzi e ragazze, tutti rinchiusi nello stesso lurido posto. Vittime delle loro azioni. Vittime di ciò con cui si sono macchiati. Vittime di chi li ha cresciuti. Ma soprattutto, vittime di loro stessi. Quando sei vittima di te stesso non puoi correre da nessuna parte. Solo imparando ad affrontare la realtà, solo così, potrai dire di essere veramente libero. Ma ci si può liberare della propria mente? Non potrai mai sentirti libero se prima non impari a convivere con quel che hai fatto pagandone le conseguenze. Alcune cicatrici è difficile guarirle. Dipende dove te le porti, se nel corpo, o nella mente. I pensieri fanno male, logorano. Le azioni ne conseguono. Ma quando ti ritrovi in un posto dove quel che hai fatto ti viene messo tutto su un tavolo, non puoi non guardare in faccia la realtà. Così impari a conviverci h 24, rimanendo solo tu coi tuoi pensieri perenni. Loro verranno uniti da una sola cosa, ovvero, una cella fredda ed un pavimento polveroso dove parlare dei loro maledetti problemi. E questa, è la loro storia... Lui, per lei è come una calamita Lei, per lui è la persona sbagliata. Lui, è la tempesta. Lei, è la calma. Lui, è la persona da cui vorresti stare lontano. Lei, è la persona a cui vorresti stare affianco. Lei, è cresciuta volendo pensare al futuro. Lui, è cresciuto restando intrappolato nel passato. Lei, angelo dannato in cerca di emozione. Lui, demone disperato in cerca di pace. Lei, vittima del pericolo. Lui, vittima del crimine. ⏩©copyright,tutti i diritti riservati sequel: "VIVERE NEL PERICOLO". STORIA COMPLETATA⏪

thestories01 · 現実
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66 Chs

XVIII° il detenuto speciale

Erano le 19:30 di sera del giorno dopo, ero appena entrata in mensa.

«Taylor.»

«Oh, ciao.» dissi distrattamente.

Lui «Tutto oka–..»

-Smisi di ascoltarlo, perchè pensai- ‹Allora ci avevo visto giusto!› «Scusa.» lo liquidati.

Lo congedai velocemente e mi diressi verso la mia fonte di attenzione.

«Hei!»

Il suo sguardo entrò in contatto col mio.

Il segno del pugno ricevuto sullo zigomo era molto più evidente del giorno prima, ma non l'avevo di certo fermata per osservarle la guancia.

Devo ringraziarla per ieri.›

«Te lo dico già in partenza, non voglio i tuoi ringraziamenti.»

Mi ammutoliì.

Mosse un piede nella direzione opposta alla mia.

Insistetti «Voglio comunque ringraziarti.» lei non disse nulla, sbuffò e basta, ma almeno ero riuscita a fermarla «Dico sul serio.» decisi di aggiungere.

«Bene. Ciao!»

«Ma s–..» «Senti.» parve innervosirsi «Non l'ho fatto per te ma perchè mi dava sui nervi.»

La guardai senza batter ciglio «Va bene. Ma il mio grazie è sincero.»

Dal suo sguardo non trasparì niente «Perfetto, hai finito?»

«No.» non le avrei permesso di congedarmi così facilmente.

«Ooooooh!» le fuoriuscì un verso dalle labbra carnose «Cosa vuoi ancora? Si può sapere?!»

Aveva ragione però, che volevo? Perchè non la lasciavo in pace?

Poi mi sorse spontaneo porle una domanda.

Sofia (POV'S)

«Non sei stata messa in isolamento?»

Quasi mi venne spontaneo fare un mezzo sorriso.

‹È sveglia, al contrario di ciò che possa sembrare.›

«Non mi ci hanno semplicemente messa.» feci spallucce.

Taylor ribatté «Rose sì.»

«Come?»

«Lei ci è finita.»

«Chi?»

Mi lanciò uno sguardo confuso «Rose. La tipa con cui ti sei presa ieri a pugni.»Come sempre non fai caso al nome di una persona a cui metti le mani addosso...› -mi riprese come avrebbe potuto fare una madre con la figlia squinternata.-

Mi schiaffeggiai la fronte, fingendo poi di ricordarmi di questa Rose «Oh! Certo, certo.» poi, prima che potesse pormi altre domande scomode, la precedetti dicendole «Be' semplicemente ci ho passato solo quasi una giornata.»

Percepiì addosso un paio d'occhio color catrame.

Anziché aver dissipato i suoi dubbi,parvero aumentare «Ah...»

«E poi» mi avvicinai al suo orecchio «sai, io sono "una detenuta speciale".»

Ti metterai nei guai.›

‹Norma di tutti i giorni.›

Taylor «Co–..» «Detenuta 1 0 3, Sofia.»

Voltai il capo verso la sua figura.

«Buona sera, ha bisogno?» ‹Sei proprio stronza.› -mi insultò, o forse, aveva solamente riferito direttamente al mio cervello il messaggio che mi stavano trasmettendo gli occhi del mio interlocutore.-

«Vieni con me.»

Lasciammo lì Taylor.

19:40

Mi appoggiai contro la parete in cortile.

Decisi di prendere io per prima la parola «Sai, già sapevo che prima o poi mi avresti voluto parlare.»

«Cosa ci fai quì?» mi disse James.

Feci un sorrisetto beffardo che poi si spense quasi in modo immediato «Ho fatto qualcosa di cattivo e sono stata messa in punizione.» feci spallucce.

James mi riservò uno sguardo torvo «Ti tengo d'occhio–..» fu interrotto.

_CHIAMATA_

Io «Ti sta squillando il telefono, dovresti rispondere.» gli consigliai.

Mi lanciò un'ochiataccia.

«Pronto? Chi è? Come fa ad avere il mio numero?» rimase in attesa ed ascoltò le seguenti parole «Mr Clime?!»

Mi scostai dal muro.

«Se non ti dispiace torno in mensa.» alzai la mano in segno di saluto mentre mi ero già incamminata.

Taylor Vega (POV'S)

Ero seduta assieme ad Enrico.

«Perchè tutti ci osservano?» mi ponetti la domanda ad alta voce.

Enrico rise,per poi dirmi «Perchè insieme siamo belli!»C-c-c-c-che ha appena detto!?› -sentiì le guance andarmi a fuoco!-

Notai la ragazza di prima far ritorno, ah, sì, Sofia. Questo era il suo nome.

Avevo già terminato praticamente di mangiare.

Mi alzai prontamente dalla sedia «E-emh, scusa... ci vediamo dopo!»

Lui «Co–..»

Pensi davvero di potergli sfuggire così?› -ora non avevo tempo per questo!-

Appena mi vide sembrò sbuffare.

«Sofia, giusto?»

Al posto di rispondere alla mia domanda me ne fece un'altra «Si può sapere perchè non mi lasci in pace?» che sembrò essere piuttosto retorica.

«Io–..» m'interruppe «Cosa vuoi? Offrirmi un caffè e poi invitarmi a fare una partita a carte?!»

«Magari... perchè no!» le risposi la prima cosa che mi venne in mente.

Non sapevo esattamente il perchè, ma questa ragazza mi incuriosiva.

Che le prende adesso?›

Sembrò diventare seria.

Lei «Sai qual è l'unico consiglio che ti do?»

«Sì...?» risposi con indugio.

Attesi che parlasse.

«Conosci la netta differenza che si staglia tra un fiore ed una pietra?»

Subito non riusciì a capire, che voleva intendere?

Mi osservò in modo attento.

Avrei dovuto rispondere?

Vedi tu! Ti ha posto una domanda o sbaglio?›

‹Okay! Non c'è bisogno di agitarsi!›

Io «Sì. Certo.»

«Ottimo.» proseguì «Quando stai davanti agli altri diventa di pietra. Impenetrabile, incolpibile. Una superficie che non può essere scalfita.» Perchè mi sta dicendo questo?› «Ma sopratutto schiaccia gli altri prima che siano loro stessi a farlo con te. Sii un fragile fiore solamente quando ti ritrovi da sola.»

Sbattei le palpebre come un automa.

Mi lasciò lì così, aspettò solo qualche secondo, per vedere se le avrei risposto oppure no, e andò via.

La giornata era quasi terminata.

Mi ritrovai dentro la mia cella cupa.

«Psssst!»

Qualcuno mi stava per caso richiamando? Mi affacciai alle sbarre laterali.

«Ambra?»

«Non ci siamo più riuscite ad incontrare món cherie!» mi disse lei.

Udimmo la voce di una guardia «Fra poco si spegneranno le luci!»Che gran rottura.› -mi venne spontaneo pensarlo.-

Tornai con gli occhi si di lei.

Ambra «Sei riuscita a scoprire qualcosa in più per caso?»

«Parli delle pastiglie blu?» le chiesi retoricamente «Fammici pensare...» ‹Non ricordo bene il nome, ma devo provarci...› -tentai di spremere le meningi.-

Lei rimase in attesa.

Udiì dei passi, così mi ritrassi. Appena il pericolo fu scampato tornai ad affacciarmi alle sbarre.

Come diavolo si chiamava!?›

Improvvisamente mi arrivò in mente, come un flashback.

«Retsulc.A!»

Ambra annuì «Okay, domani mattina dovrei incontrare Chiara. Dopo averglielo detto probabilmente verrà da te.»

Io «Va bene.»

«Allora buona notte!» mi salutò.

Sussurrai anch'io «Buona notte a te!»

Mi diressi nel letto, dopo essermici seduta mi infilai sotto la coperta e misi giù il capo.

Mi trovo in un posto strano.

È tutto molto scuro intorno a me, faccio fatica a vedere persino le mie mani.

Volgo lo sguardo in ogni direzione.

Poggio la mano sulla superficie scura che ho davanti.

‹È bagnata?› -mi domando.-

La cosa strana non è solo questa. Perchè oltre a ciò, c'è anche una puzza strana.

«C'è qualcuno?» dico.

Nessuna risposta.

La vista pian piano comincia ad abituarsi a questo buio.

D'improvviso scorgo una luce, così decido di avviarmi verso di essa. Quel che mi sta intorno sembra farsi più nitido.

L'odore non scompare ma perlomeno i miei occhi stanno cominciando a vedere meglio.

Più cammino verso di essa, più mi sembra di incespicare.

Guardo a terra.

‹Acqua?›

Continuo.

Ad ogni passo che faccio il suo livello aumenta, mi appoggio al muro mentre cammino, è scurissima. Non riesco ad intravedere addirittura il fondale, o se ci sia qualcosa al suo interno, così mi appoggio alla parete.

Se ci fosse una buca o ancor peggio il terreno venisse a mancare perlomeno avrei un appoggio, anche se forse solo morale.

Mi avvicino sempre di più alla luce e tutto si fa sempre più chiaro.

«C'è qualcuno?» chiedo di nuovo.

Sono praticamente sotto alla luce. Alzo lo sguardo, quasi mi acceco.

Faccio un altro passo ma inciampo in qualcosa! Cerco di ancorarmi al muro, mossa ovviamente inutile, e la mano mi scivola. Cado in ginocchio bagnandomi persino le punte dei capelli. Mi rialzo velocemente e mi strofino la faccia visto che mi è arrivato uno schizzo dentro a un occhio data la mia caduta rovinosa.

‹Mi viene quasi da vomitare.› -penso fortemente.- L'odore è sempre più insopportabile.

Almeno adesso mi ritrovo sotto la luce, così cerco di vedere in cosa sono incappata.

Sgrano gli occhi.

È un volto. Il volto di una ragazzina, ma non una qualunque .

Questa sono io.›

Ricado nell'acqua cominciando ad indietreggiare velocemente.

Più mi guardo attorno, più capisco.

‹Questa non è acqua.› -penso- ‹È sangue.›

«Aaaah!» gridai.

Avevo il fiatone.

Lo stomaco mi si stava contorcendo, avevo una nausea fortissima. Mi diressi al water.

«Perchè non riesco a togliermi dalla testa né l'odore e né le immagini?!»

Parlai da sola.

«Silenzio!»

«Quà vogliamo dormire! Dannazione!»

Non ci feci caso.

Cominciai a rigettare tutto ciò che avevo mangiato!

Perchè, perchè, perchè, perchè...› -cominciai a pensare- ‹Perchè?!›

Dovevo riprendermi l'aria mancante. Dovevo calmarmi.

Non ho mai fatto un sogno più realistico di questo.›

‹È un rimasuglio.›

‹E poi perchè io ero morta?!›

Oh, ma non eri tu.›

‹E allora chi cazzo era?! È?!›

"Una parte di te".›

‹Ma cosa significa?!›

Mi partiì una fitta alla testa.

«No...» mi lamentai.

Un'altra fitta.

‹N-non voglio...›

Un'altra ancora.

Mi sentiì trapassare la testa da parte a parte da un centinaio di spilli. Mi inginocchiai per terra.

«Per favore...» dissi tra una fitta e l'altra.

Non sapevo con chi stessi parlando.

Volevo solo che questo mio dolore cessasse. Che si affievolisse, almeno. Ma così non accadeva mai. Ogni volta, ogni qual volta, non faceva altro che aumentare. E 'sta volta non era diverso.

Premetti le dita sulle tempie. Mi feci male, provocandomi probabilmente dei graffi sulla fronte. Percepiì il bruciore dato da essi. Ma non avrebbe mai potuto superare questo mio dolore che provavo.

Sbattei quasi la fronte sul pavimento.

Le-pastiglie.› -pronunciai forte e chiaro.-

Non mi trattenni più, una lacrima mi solcò la guancia.

Mi rannicchiai per terra. Rimasi lì.

Solamente io, ed il mio dolore, a farmi da compagno.

11:45

Probabilmente era tarda mattina, lo capiì dal fatto che le celle stavano cominciando ad essere aperte.

Non avevo dormito per tutta la notte. Per ore ed ore, avevo pianto, disperamente, in preda al dolore lancinante.

«È ora di svegliarsi!»

La guardia cominciò a battere sulle sbarre col manganello.

No... Non-fate-rumore.› -mi tenni la testa.-

*sdeng*

No...›

*sdeng*

Vi prego.›

*sdeng*

Basta!›

*sdeng sdeng sdeng sdeng*

«Bastaaa!» gridai tutto d'un fiato.

Il frastuono cessò.

«Chi è stato ad urlare?»

Udiì i suoi passi.

«Hei tu–.. Ma dov'è?! Quà manca qualcuno!»

Sono quì.› -avrei voluto dire.- Non avevo le forze per parlare e ancor meno per urlare. Mi sentivo sfinita, senza forze.

Avevo trascorso una nottata infernale.

«Ma di che stai parlando?»

«Guarda! Tu la vedi?»

«Aprite subito la cella!»

Non fanno altro che urlare e urlare.›

«Subito!»

Chiudete quella cazzo di bocca!›

Piegai la testa leggermente in avanti.

Aprirono la mia cella, io non mi mossi dal pavimento.

«Dove–.. Eccola!»

Mi scosse per la spalle.

«Fermo, aspetta.» gli disse uno fra loro.

Non riesco a dire niente.› -pensai ancora mentre non avevo idea di ciò che sarebbe successo dopo avermi trovata così.-

«Hei mi senti?»

«Sì...» riusciì a rispondere poi.

Avevo la gola secca.

Questo «Harold, aiutami a tirarla su.»

«Certo!»Ancora che urla...› -commentai.-

Gli tesi la mano, non potendone più di stare quì per terra. Riusciì in seguito a mettermi seduta e poi ad alzarmi. Ebbi un capogiro. Dovevo cercare di mantenere la calma e di non fare mosse avventate.

Mi fece sedere nel letto.

«Che è successo?»

«La testa...» mi tenni la fronte.

L'altro «James, che facciamo?»

«Me la sbrigo io. Voi continuate pure a fare ciò che stavate facendo prima.»

Passarono interi minuti ed io ero ancora quì. Ferma e immobile.

Diedi un'occhiata alla guardia che avevo di fronte. Era lui, lo conoscevo.

«Che è successo?» mi chiese.

«Questa notte ho fatto un incubo–..» mi interruppe «E per questo te ne stavi stesa per terra?» ‹Perchè non mi lascia finire accidenti?!› -mi innervosiì all'istante.-

«Non ho finito.» oggi ero già consapevole che dopo aver trascorso una nottata del genere sarebbe stata la classica giornata no con anesso nervosismo a mille.

Egli «Allora prego...»

Mi devo calmare.› -mi dissi- ‹O lo potrei uccidere.›

Quasi temetti il mio stesso pensiero. Come poteva essere stato così cattivo?

Scossi la testa «Dopo essermi svegliata mi sono iniziata e sentir male ed ho rischiato di impazzire per il mal di testa.»

«Capisco.» quando sembrò chiudere così la conversazione aggiunse «Riposa quì per qualche ora, dopo pranzo verrò a prenderti

Anche lui sembrava essere diverso dagli altri, proprio come Christian.

Io «Va bene, grazie.»

Appena fui lasciata da sola mi stesi nel letto per riposare un po' proprio come mi aveva invitato a fare.

«Hey! Chica!»

Non avevo idea di quanto fosse passato esattamente.

«Chicaa!»

Tirai su la testa. Allora non lo avevo immaginato!

Strizzai gli occhi «Chiara...?»

«Già, esatto!» si puntò col pollice «Sono proprio yo!»

Dopo essermi diretta verso di lei con estrema lentezza, dato l'intontimento, le chiesi «Che ci fai quì?»

«Y tú?»

«Non sono stata bene durante la notte.» misi da parte l'argomento con un gesto della mano.

Chiara non ci diede peso «Ambra mi ha detto che hai saputo il nombre de la medicina. Solo que no ricordava il nome.»

«Oh, sì.»

Lei «E qual è?»

Avvicinai di più il viso alle sbarre «Retsulc.A.»

Fece un'espressione più che perplessa «Aspetta...» sembrò cercare qualcosa nelle tasche «Scrivimelo.»

Dopo avermi porso sia il foglietto che la penna glielo appuntai.

Chiara «Te farò sapere

Tornai nel letto ma 'sta volta mi ci sedetti senza coricarmici.

Attesi che qualcuno mi venisse a prendere.

Oramai mi trovavo a mensa, la pausa pranzo era praticmanente finita, così mi diressi in cortile come mio solito.

Notai tra la gente una chioma chiara «Enrico!»

Si era già girato verso di me «Oh, ciao. Che fine avevi fatto?»

«Scusami...» non avevo tenuto un comportamento particolarmente adeguato con lui.

Egli «Senti s–..»

Non terminò la frase perchè vidimo giungere verso di noi una guardia.

Questo tipo l'ho già visto.›

«6 0 9, hai una visita.» poi posò lo sguardo su di me «Ma guarda un po'. Non ci siamo già incontrati noi due?»

Purtroppo sì.› «Forse.» tagliai corto.

Come avrei potuto dimenticarmi di uno come lui? ‹Steven.› -pronunciai il suo nome nella mia mente.-

Questo tornò a rivolgersi ad Enrico «Be' andiamo?»

Lui lo seguì senza fiatare.

15:00

Non mi andava più di rimanere quì a far nulla.

Svoltai l'angolo e mi ritrovai davanti un ragazzo dagli occhi glaciali «Attenta.» ‹Ma... questa voce non l'ho già sentita?› -così mi parve.-

Mi scansò ed io continuai per la mia strada.

In lontananza notai il mio amico, anche se così non sapevo ancora se avessi potuto soprannominarlo.

Mi puntò come un segugio. Venne verso di me, il suo sguardo non era il solito, sembrava serio. Che fosse accaduto chissà che cosa in quella stanza?

«Tutto a posto?» gli chiesi.

Mi era davanti. Non disse nulla.

«Taylor...» pronunciò il mio nome in un modo strano «Sì, tutto a posto!» mi sorrise, parve essere tornato quello di sempre.

Che strano. Sarà stata una mia impressione?›

«Detenuta 4 0 1.»

Venni richiamata.

Era di nuovo Steven, cosa voleva da me adesso?

«Devi venire con me.»

Ribattei «Per quale motivo?»

Mi guardò beffardo «Hai una visita.»Una visita?› -mi sentiì mancare.- «Da un "fratello".»

Cos'aveva appena detto?

Gli dissi «Io non ho fratell–..»

Mi mise le manette senza che quasi me ne potessi accorgere. Mi prese con sé e mi portò dentro, fui praticamente costretta a seguirlo.

Aprì la porta e poi mi ci chiuse all'interno.

«Hei!» battei i pugni sulla porta fatta di metallo.

Ben presto mi ritrovai dentro a quella saletta, la stessa in cui avevo incontrato mia madre la prima ed ultima volta.

Tentai di nuovo «Fammi uscire subito da quì hai capito?!»

Ovviamente, non rispose.

Osservai in seguito l'interno della stanza, mi sbagliavo, o era molto più buia? Sembrava più angusta della prima volta.

«Siediti.»

Quando udiì il suono di quella voce mi vennero i brividi.

Era cupa, profonda. Ammaliante.

I peli sulle braccia sembrarono mettersi sull'attenti, proprio come un gatto, che gli si rizza il pelo in automatico quando percepisce una sensazione di pericolo.

‹A chi appartiene?›

Era provenuta dall'angolo dall'altra parte della stanza.

Apparve un ragazzo.

Perchè mi sembrò di riconoscere la sua figura? Impossibile.

Indossava una felpa smanicato, col cappuccio che gli copriva bene il viso.

Morte.› -un pensiero sfuggì, più veloce della luce.-

Era completamente vestito di nero.

Perchè la sensazione che provai nell'averlo a pochi metri da me mi provocò così tanto disagio? Un tipo di sentore che, pensai, potesse essere provocato dalla morte stessa. Ritrovandosela dinnanzi.

S'incamminò verso l'unica luce presente, un pannello impiantato nel soffitto.

Questa sensazione›

Dopo aver fatto un ultimo passo...

non se ne va.›

Si tirò giù il cappuccio.

«Aron?!»