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CRESCERE NEL CRIMINE

Ragazzi e ragazze, tutti rinchiusi nello stesso lurido posto. Vittime delle loro azioni. Vittime di ciò con cui si sono macchiati. Vittime di chi li ha cresciuti. Ma soprattutto, vittime di loro stessi. Quando sei vittima di te stesso non puoi correre da nessuna parte. Solo imparando ad affrontare la realtà, solo così, potrai dire di essere veramente libero. Ma ci si può liberare della propria mente? Non potrai mai sentirti libero se prima non impari a convivere con quel che hai fatto pagandone le conseguenze. Alcune cicatrici è difficile guarirle. Dipende dove te le porti, se nel corpo, o nella mente. I pensieri fanno male, logorano. Le azioni ne conseguono. Ma quando ti ritrovi in un posto dove quel che hai fatto ti viene messo tutto su un tavolo, non puoi non guardare in faccia la realtà. Così impari a conviverci h 24, rimanendo solo tu coi tuoi pensieri perenni. Loro verranno uniti da una sola cosa, ovvero, una cella fredda ed un pavimento polveroso dove parlare dei loro maledetti problemi. E questa, è la loro storia... Lui, per lei è come una calamita Lei, per lui è la persona sbagliata. Lui, è la tempesta. Lei, è la calma. Lui, è la persona da cui vorresti stare lontano. Lei, è la persona a cui vorresti stare affianco. Lei, è cresciuta volendo pensare al futuro. Lui, è cresciuto restando intrappolato nel passato. Lei, angelo dannato in cerca di emozione. Lui, demone disperato in cerca di pace. Lei, vittima del pericolo. Lui, vittima del crimine. ⏩©copyright,tutti i diritti riservati sequel: "VIVERE NEL PERICOLO". STORIA COMPLETATA⏪

thestories01 · Realistis
Peringkat tidak cukup
66 Chs

XXXVI° faccia a faccia

Feci due passi «Qual è il problema se le sto vicino?»

Christian chiuse gli occhi in due fessure «Che intenzioni hai?! Perchè sappi che quì non le farai–..» «Del male?» lo interruppi «E perchè dovrei?»

«Ah!» esclamò «Non saprei. Siete persone contorte, vi conosco.»

Si riferiva a Claus?

Incrociai le braccia fra loro «Ne rimani convinto è?»

«Assolutamente sì.»

Il suo maledetto intuito...› -ci azzeccava sempre.-

Quasi mi spuntò un sorrisetto compiaciuto a fior di labbra.

«Vi conosciamo.»

Ora metteva in mezzo Aron?

Lo guardai di traverso.

Aveva finito di farmi perdere tempo?

«Se abbiamo terminato, io vado.»

Mi afferrò prontamnete per la spalla ‹Come osa?› -gli lanciai un'occhiataccia.- «No, non abbiamo finito. Voglio sapere cosa vuoi da lei.» era davvero questo ciò che lo preoccupava?

Sorrisi in modo finto «Non me le scopo le detenute–..» non mi lasciò finire «E prima cosa stavi combinando–..» non fecimo altro che parlarci sopra, ed in fine ebbi l'ultima parola «Non sono te.»

Bingo.› -pensai, visto il modo in cui mi stava guardando.-

«Non ho questo privilegio da guardia carceraria.» conclusi.

Mi fu faccia a faccia «Non azzarti a tirare fuori questa storia.» mi ringhiò contro «È acqua passata in ogni caso.» si difese.

Io lo osservai dall'alto in basso «Va bene. Come dici tu.»

Christian riprese poi il discorso di prima «Comunque non mi hai ancora riposto!»

Sbuffai sonoramente «Trovo attraente sia lei che te se è per questo.»

Indietreggiò «Che cosa...?»Non se l'aspettava è?› -me la risi tra mé e mé.-

«Però...» misi un dito sotto il mento con fare pensante «Ogni ragazzo, che sia gay o bisex, tornerebbe esclusivamente etero solamente per strapparle via quella sua purezza.»

Mi arrivò un pugno dritto sullo zigomo!

Mi massaggiai il punto colpito «Ugh... Questo ha fatto male. Lo sai?»

Non te la togli mai quella tua aria divertita è?›

‹No, non me la tolgo mai.›

Mi puntò un dito contro «Non ci pensare nemmeno. Altrimenti...» Altrimenti?› -ne fui alquanto divertito.-

«Pensi di farmi paura?» dissi «Ti senti davvero così protetto solo perchè ti trovi nella tua posizione per pura fortuna?»

Christian mi riservò uno sguardo perforante «No. Ma dovresti comunque state attento a come ti comporti, potrei ritornare quello di un tempo in due secondi.»

«Ahà.» esclamai «Credi veramente che la tua "minaccia" mi colpisca in qualche modo?» quanto era stupido...

«Dovrebbe.»

Decisi di fargli presente «Be', dovresti ricordarti che io invece non sono mai cambiato...»

Christian fece un sorrisetto e mi guardò con sfida «Per l'appunto sei ancora messo come sei messo.»

Io «Scommettiamo che non sei così protetto come credi?»

«Bene. E scommettiamo che quà non puoi muoverti come vuoi?» ribatté.

Questo è quello che credi tu.› -lo sfidai con uno sguardo che bruciò come fuoco.-

Lo guardai beffardo «Cosa credi, è? Che solo perchè ora hai un "distintivo", o un manganello alla cintura, tolgano il fatto che tu non sia quello che sei sempre stato? Non montarti la testa! Non cambia quello che sei...»

«E come sarei?» ringhiò.

Ghignai. Lo feci in un modo così perfido che se mi fosse dato un'occhiata allo specchio probabilmente non mi sarei riconosciuto.

Mi curai di pronunciarlo il più lentamente possibile.

«Un figlio di puttana.»

Nei suoi occhi intravidi il barlume di una scintilla, ed io, gli avevo appena buttato sopra la materia per farla accendere.

Sapevo che non mi sarei dovuto permettere di toccare quel tasto. Ma io avevo sempre adorato mettere le mani dove non avrei dovuto.

Mi venne incontro! Dopo avermi tirato una ginocchiata dritta nello stomaco mi fece sbattere la schiena.

Mi osservò come un falco dalla sua posizione.

«Io però sono cambiato. Mentre tu, rimarrai per sempre una feccia che può solo essere sbattuta di quà e di là dietro a delle sbarre.» mi disse a denti stretti.

Lo presi per il colletto. Strinsi forte.

«Tu–..» non terminai quel che volevo dire.

Entrarono altre due guardie all'interno della stanza che mi presero su di forza.

Christian «Portatelo nella sua cella e non fatelo uscire per tre giorni.» Come se potesse scalfirmi, tśh!› «Ah!» lì fermò «Dovrete far finta che lui non esista durante questo lasso di tempo.»

Lo guardai con puro rancore.

Si avvicinò al mio viso «D'ora in poi verrai trattato per ciò che realmente sei. Ah, e... stalle lontano. Intesi?» Pensa davvero che prenda ordini da lui?› «E te lo sto dicendo con le buone, vedi di non farmi usare le cattive Nicolas.»

Strinsi i denti.

«Puoi fotterti.»

Sputai per terra, proprio vicino al suo piede.

Venni portato via.

La pagherà cara. Lui, e tutti quanti.›

‹Tutti?›

‹Sì, tutti. Dal primo all'ultimo.›

Mi avevano letteralmente sbattuto dentro la cella.

«'Fanculo!» gridai a pieni polmoni.

Colpiì le sbarre e provocai un gran baccano. Tirai calci, gomitate, pugni. Feci un casino tremendo.

Non possono permettere che mi tratti così.› -digrignai i denti.-

In quel preciso istante Aron passò davanti alla mia cella.

Restò a guardarmi. Mi stava schernendo con lo sguardo, ed io, lo odiai se possibile ancor di più.

«Ti hanno rinchiuso? Chi è che hai fatto arrabbiare?» mi domandò con scherno.

Mi avvicinai di più alle sbarre «Che vuoi?!»

Aron «Il cagnolino pensava davvero di poter fare tutto quello che voleva?»Non fare il suo gioco.› -mi suggerì.- «Peccato che ti abbiano intrappolato, proprio come l'animale che sei.»

Tirai un pugno contro le sbarre, mi si aprirono le nocche, ma non mi curai del dolore.

Prima che potessi dire qualcosa se n'era già andato.

Taylor Vega (POV'S)

Non volevi parlarle?› -cercò di riscuotermi- ‹Ti sta guardando!›

Il candore della sua pelle era intaccato da segni violacei.

Distolsi lo sguardo.

Maria «Sei quì per deridermi forse?»

«No...»

«E allora, per cosa?» mi domandò.

Tornai con lo sguardo su di lei «Perchè lo hai fatto?»

Si prese qualche minuto ed io glielo lasciai.

Maria si scostò una ciocca dei suoi capelli azzurri dal viso portandosela dietro all'orecchio.

«Carlotta me lo aveva imposto.»

Io «Be' questo lo avevo immaginato.»

«Voleva che ti incastrassi, io ero contraria, ma non ho potuto dirle di no.» mi spiegò.

Una rabbia bruciante mi pervase ogni nervo.

«È a causa di un 'no' non detto ad alta voce che io ho dovuto subire quello che ho subito?!»

Avevo alzato il tono.

Come ha potuto?› -serrai le labbra in una linea dura.-

«È solo per questo» ebbi un tremolio «che ho dovuto passare del tempo da sola con quel maniaco psicopatico?! Pregando, sperando, che il tutto terminasse il più in fretta possibile?!»

Sembrai scuoterla.

«Parli di Liamh.» ‹Lei come lo sa?› «Non è vero?» non seppi quale espressione si fu dipinta sul mio volto «Certo, e chi altro...»

«Ci hai avuto a che fare?» le domandai senza remore.

Maria mi dedicò il suo sguardo «No.»Ma allora...› «Però certi tipi di uomo, dopo il mio passato, riesco a percepirli. Mettiamola così.»

«Il tuo passato...?» ripetetti ad alta voce.

Maria non commentò a riguardo ma disse soltanto «Mi dispiace. Non pensavo che ti fosse capitato proprio uno come lui.» e sembrò sincera nel dirlo.

Mi sedetti di fianco a lei dopo aver ricevuto la sua approvazione attraverso lo sguardo «A te chi è capitato?»

«Un tipo pelato. Penso che si chiami Mario.»

La guardai con un'espressione allucinata «Mr calvizia?»

Girò il busto verso di me «Come?» chiese divertita.

Giocai con le dita «Be' io lo chiamo così.»

Ridacchiò «Sì, ho capito.»

Passai insieme a lei ancora una decina di minuti, il tempo era passato velocemente.

La sua compagnia non era spiacevole.

L'hai giudicata male.› -mi fece sentire in colpa.-

Ma infondo dopo quel che era accaduto come avrei potuto non giudicarla?

00:10

La giornata era passata in fretta. Era tardi ma io non riuscivo a dormire.

Dopo il mio ultimo incontro con Claus non riuscivo più a dormire come prima.

Quello che mi ha detto...› -pensai- ‹Io non so niente. Non ho mai saputo niente.› -strinsi le coperte fra le dita.-

Continuavo a fare dei sogni contorti e di cui non riuscivo a cogliere il significato.

Oramai anche gli spazi piccoli mi davano problemi, quindi spesso mi ritrovavo ad osservare fuori da quella sottospecie di finestrella. Ma non era solo questo uno dei miei "nuovi problemi".

Non riuscivo più a sopportare le persone da cui ero attorniata come prima, spesso ero tenuta ad allontanarmi per evitare che mi venisse un attacco d'ansia.

Quando qualcuno mi arrivava da dietro mi sentivo sopraffatta da quella presenza spuntata in un modo così improvviso nel mio campo visivo.

Il cuore mi batteva forte.

E poi... Le strette. Di qualsiasi tipo fossero, mi davano il terrore.

Era come se qualcosa in me si fosse risvegliato, come se non fosse tutto così nuovo.

Non riuscivo a comprenderlo. Continuavo a non capire.

Però, una sola cosa, non era cambiata.

Il senso continuo di vuoto.› -dissi fra mé e mé- ‹Come se non esistessi veramente.›

Prendere sonno fu quasi impossibile.

Drizzai le orecchie. Dei passi riecheggiarono lungo il corridoio, era forse una guardia? Alla fine la persona in questione si fermò proprio davanti alla mia porta.

Perchè non riesco a smettere di tremare?› -mi chiesi nel mentre che mi stringevo nelle spalle.-

Maledici questa tua debolezza.›

‹Maledirla?›

Maledici la tua finta esistenza.›

Smisi di ascoltarla. Mi tappai le orecchie.

«Taylor...»

Mi aveva chiamata per nome?

«Vega...»

Questa voce, perchè mi sembrava sia di conoscerla e al coltempo di non conoscerla?

Probabilmente dal rumore di passi che mi arrivavano aveva ripreso il suo cammino.

Mi alzai in fretta. Misi il naso fuori.

L'unica cosa che notai fu la sua giacca impeccabile, e di sfuggita, perlopiù. Non era una guardia?

Decisi di non rimanerci troppo a pensare e mi rimisi nel letto.

Non avevo idea di che ore fossero.

Non devo dormire.›

Le palpebre si appesantirono.

Non voglio dormire.›

Mi guardo attorno.

‹Sono nella mia stanza.› -penso mentre continuo ad osservarmi intorno.-

Guardo fuori dalla finestra. Come fa ad essere ancora buio? Eppure, mi sembrava di aver dormito. Anche se per fortuna stanotte non ho avuto alcun incubo.

Mi alzo.

*splash*

Dopo aver messo giù il piede, guardo per terra.

«No...» dico.

Tiro subito su il piede, sporco le coperte.

‹No. Perchè?!›

Mi guardo attorno con urgenza.

Mi tappo il naso. L'odore acre mi attraversa ogni poro, me lo sento appiccicarsi addosso.

La nausea mi pervade. Un conato si impossessa della mia gola.

Il livello continua a salire, come se ci fosse una perdita che ha allagato tutto quanto.

Peccato che questo sangue non possa sgorgare da qualche tubo rotto.

Serro gli occhi.

Guarda.› -mi dice.-

«Apri gli occhi.»

Li spalanco.

Quella era una voce? Da dove proveniva?

Mi ritrovo davanti un volto scarno, i suoi occhi vuoti mi guardano.

Io sono immobile. Non oso muovermi. Non ne ho il coraggio, né le forze.

Apre la bocca. La spalanca.

All'interno si intravedono una decina di pastiglie blu.

«Aaaaaah!» gridai.

Mi ero tirata su a sedere di scatto ma non avevo ancora osato muovermi, o peggio, a mettere i piedi per terra o ad aprire gli occhi.

Mossi la mano in aria. Non c'era nessuno. Quando decisi di aprirli tirai un lungo sospiro di sollievo.

10:00

Faticavo a stare sulle mie gambe.

Da quanto andavo avanti a dormire a malapena un'ora a notte?

Nicolas Kepler (POV'S)

Sul serio avevano intenzione di tenermi quì per tre giorni senza né cibo né acqua?!

Be'. Guarda il lato positivo, il bagno ce l'ha–..› -la interruppi- ‹Fa' silenzio!›

Stavo facendo avanti e indietro.

Passò una guardia.

«Hey!» cercai di attirare la sua attenzione ma questo non mi ascoltò «Cos'è, non mi senti? Guarda che sto parlando con te stronzo!» continuò a non calcolarmi ‹Certo che l'influenza di quello stronzetto è tanta.› -pensai con gran irritazione.- «Oh! Oooh! Ti sto parlando stupida guardia di merda!» inseguiì la sua figura nel mentre che picchiavo sulle sbarre per far rumore ma non servì a niente.

Christian non stava facendo altro che cadermi sempre più in odio.

Perchè devo stare quì a marcire?!

«Me la pagheranno cara.» esclamai per l'ennesima volta tra i denti.

Taylor Vega (POV'S)

Erano le 15:00 del pomeriggio, io mi trovavo su una delle panchine all'interno della struttura. Faceva troppo freddo per uscire.

Mi si stavano chiudendo gli occhi.

«Da quanto è che non dormi?»

Posai gli occhi sulla figura che si era seduta a qualche metro da me.

‹Maicol?› -pronunciai il suo nome nella mia mente.-

Dall'ultima volta che lo avevo incontrato non ci eravamo più scambiati mezza parola.

Io «Emh...»

Non seppi come continuare.

Lo osservai in viso «E invece tu?» mi caddero all'occhio le sue occhiaie.

Maicol abbassò leggermente il capo «Da tanto tempo, forse anni.»Ha detto 'anni'?›

Così gli chiesi «E come fai a non crollare?»

«Non saprei.» fece spallucce e poi cambiò la sua domanda «Perchè non dormi?»

Scostai lo sguardo dal suo «Incubi

Si torturò le punte delle dita.

«I propri mostri ti mangiano la testa...»

«Come?»

Scosse piano la testa «Non farci caso.»

Io commentai solo «Mh, okay.» non seppi che dire.

«Sai, è che non bisogna cadere tropo a fondo.» ricominciò a parlare «I propri pensieri, dico...»

«Oh. Sì, hai ragione.» annuiì.

Quella conversazione fu così intima...

«Maicol! Lascia stare la pazza e andiamo a fumare una sigaretta.»

Lo fulminai.

Maicol mi chiese «Vuoi venire?» -Lo guardai con un'espressione piuttosto stranita in volto.- ‹Mi sta invitando?› «Un po' di aria congelata aiuta.»

Prima di rispondergli guardai nella direzione di Dylan «Non se c'è quello lì...»

«Dai! Muoviti!» disse il 'quello lì' in questione.

Maicol «Non è così cattivo come sembra.» pronunciò l'aggettivo con praticamente una sola t.

In fine mi alzai insieme a lui.

Dylan si lamentò «L'hai invitata tu?»

«Sì.» gli rispose l'altro.

Sbuffò «E va bene...»

«Guarda che non ho bisogno del tuo consenso!» mi feci sentire.

Stranamente non ribatté.

Appena varcai la soglia l'aria congelata mi colpiì in pieno viso. Rabbrividiì all'istante.

Poi guardai Maicol ‹Ma che diamine...?!› era forse pazzo? «Si può sapere come fai a stare in maglietta?»

Il ragazzo girò la testa verso di me «Da dove arivo io la temperatura è molto più cattiva.»

«E da dove arriveresti?» mi strofinai le braccia.

Maicol rispose «Svezia.»

«Oh.» commentai.

Avevo sempre notato il suo strano accento ed il modo di parlare un po' così, ma se lui non me l'avesse detto non me lo sarei mai immaginato che provenisse da là.

Uscimmo fuori.

Aron Jhones (POV'S)

Mi stavo fumando una sigaretta,come di prassi.

Oggi persino il cielo era color dell'amianto. Ero sempre circondato dal grigiore.

Grigio questo posto, grigio ciò che vedevo, grigia la mia intera esistenza.

Questo colore sembra avere un certo ruolo nella mia vita.›

Sbuffai.

Che cosa mi mettevo a pensare?

L'attimo dopo appena riportai giù lo sguardo notai una chioma bruna.

Che cosa ci faceva con quei due?

Lo stupido Dylan si rivolse a lei «Ma quant'è che fumi te?» gliela rubò di mano.

Purtroppo gli ero di fianco, quindi potevo tranquillamente sentire ciò che si dicevano. Lei mi aveva ancora notato.

«Hei!» si lamentò.

Il signor "mani corte", Maicol, frugò nelle tasche.

«Tieni. No dovrei meterti in guardia io, ma, non dovresti prendere il vizio.» gliela porse.

Dylan «Ah! Lascia stare. Non è fatta per fumare questa quì.» la indicò.

Ma perchè mi sto sorberdo la loro conversazione?›

Taylor gonfiò le guance «Ma come ti permetti?»

«Ho sentito delle tue figuracce.»

Inarcò un sopracciglio in tutta risposta «Le mie... figuracce?» aggiunse poi «Ma quali figuracce!»

Non ebbe risposta. La tenne sulle spine.

Taylor «Oooh! Parlo con te!»

Quell'idiota si voltò verso di lei «Ah scusami.» parve deriderla «Pensavo che stessi parlando da sola, sai, questa è una tipica cosa da pazzoidi.»

Lei gli lanciò un occhiata di fuoco «Come dici? Io sarei pazza?»

Dylan «Mah...» fece spallucce mentre fiagava.

Taylor «Non vale minimamente la pena risponderti.»

Si allontanò da loro di mezzo metro, si voltò da un'altra parte.

Si era avvicinata a me senza farci caso.

Certo che, delle volte, si comportava proprio come una bambina.

La smetti di guardarla?›

Distolsi lo sguardo da lei.

Nicolas Kepler (POV'S)

Mi ero deciso a stendermi nel letto, era inutile continuare a far bordello. Non sarebbe cambiato proprio un bel niente! Mi toccava rimarmene quì.

Voltai lo sguardo verso il mio compagno di stanza, la guardia lo stava aspettando, stava prendendo su la felpa più pesante.

Non lo vedevo spesso. Non che avessimo legato poi.

Il mio sguardo ricadde sulle sue mani fasciate.

«Quello è perchè te la prendi spesso coi muri?» intavolai una conversazione.

Attirai la sua attenzione. Non sembrò capire a cosa mi stessi riferendo, così indicai con lo sguardo le sue mani.

Carlos «No. Preferisco le porte di metallo.» rispose.

Mi misi a ridere «Bella questa!»

«2 1 6, datti una mossa.»

Guardai la guardia carceraria.

Io «Hey!» lo richiamai «Quand'è che mi fate uscire?!»

Non ebbi risposta.

Carlos dopo essersi messo la felpa si diresse verso la porta.

«Prendi un po' d'aria anche per me amico!» dissi, ma, ovviamente, mi ignorò.

Aron Jhones (POV'S)

Taylor chiese «Maicol, potrei chiederti ancora una sigaretta?»

In tutta risposta le mostrò il pacchetto vuoto «Mi dispiace, le ho finite.»

«Non preoccuparti. Grazie lo stesso.» sventolò una mano davanti al viso.

Lo stupido Dylan prese parola «Dai, te la offro io.» si guadagnò uno sguardo torvo da lei e così aggiunse «Mi voglio far perdonare!»

Inizialmente lo guardò con diffidenza ma poi tese la mano verso di lui e attese. Dylan prese dalla tasca il pacchetto di Winston blu e ne tirò fuori una, gliela porse, lei stette per afferrarla, ma poi la mise in alto.

Lei «Ma–..»

«Scheerzaavoo!» la allontanò ancora di più.

Taylor saltellò. Anche se quasi erano alti uguali... Dylan era piuttosto basso, non era munito di chissà quale statura.

«Certo che sei proprio uno stronzo!» lo insultò.

In fine se la portò alle labbra «Ops!» se l'accese «Scusa.» le mostrò il pacchetto «Ne ho ancora una.» sorrise furbamente.

Maicol «Dylan...» lo riprese.

«Guarda, lascia stare!» disse lei «La scrocco in giro!»

Aveva già gurato il busto verso di me mentre stava ancora parlando.

Lei «Scusa, avre–..» mi guardò in faccia «–..sti.» terminò così.

La osservai dall'alto verso il basso.

«Che cosa?» chiesi io.

«Una sigaretta.» poi aggiunse frettolosamente «Per favore.»

Apriì il pacchetto di Marlboro.

Ghignai perfidamente ma lei non poté vederlo perchè non lo esternai.

Tirai fuori la sigaretta e quando stette per prenderla fra le mani la sbriciolai davanti ai suoi occhi.

Lei spalancò le pupille con lentezza.

«Le bambine non dovrebbero mettersi a fumare.»

Feci ricadere il tutto a terra, proprio ai suoi piedi, davanti a quegli occhi da cerbiatta.

Rimase silente.