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CRESCERE NEL CRIMINE

Ragazzi e ragazze, tutti rinchiusi nello stesso lurido posto. Vittime delle loro azioni. Vittime di ciò con cui si sono macchiati. Vittime di chi li ha cresciuti. Ma soprattutto, vittime di loro stessi. Quando sei vittima di te stesso non puoi correre da nessuna parte. Solo imparando ad affrontare la realtà, solo così, potrai dire di essere veramente libero. Ma ci si può liberare della propria mente? Non potrai mai sentirti libero se prima non impari a convivere con quel che hai fatto pagandone le conseguenze. Alcune cicatrici è difficile guarirle. Dipende dove te le porti, se nel corpo, o nella mente. I pensieri fanno male, logorano. Le azioni ne conseguono. Ma quando ti ritrovi in un posto dove quel che hai fatto ti viene messo tutto su un tavolo, non puoi non guardare in faccia la realtà. Così impari a conviverci h 24, rimanendo solo tu coi tuoi pensieri perenni. Loro verranno uniti da una sola cosa, ovvero, una cella fredda ed un pavimento polveroso dove parlare dei loro maledetti problemi. E questa, è la loro storia... Lui, per lei è come una calamita Lei, per lui è la persona sbagliata. Lui, è la tempesta. Lei, è la calma. Lui, è la persona da cui vorresti stare lontano. Lei, è la persona a cui vorresti stare affianco. Lei, è cresciuta volendo pensare al futuro. Lui, è cresciuto restando intrappolato nel passato. Lei, angelo dannato in cerca di emozione. Lui, demone disperato in cerca di pace. Lei, vittima del pericolo. Lui, vittima del crimine. ⏩©copyright,tutti i diritti riservati sequel: "VIVERE NEL PERICOLO". STORIA COMPLETATA⏪

thestories01 · Realistis
Peringkat tidak cukup
66 Chs

XXIII° un mondo nero

«A te non ti diverte il mondo?»

...FLASHBACK...

«Allora?» mi chiede, insistendo.

Digrigno i denti.

«Oh, giusto. Conciata in quel modo non puoi parlare.» mi dice «Aspetta. Ti tolgo questa. Ecco fatto!»

Io non dico niente, rimango zitta.

‹Ti odio.› -penso con fervore.-

«Mi odi vero?» mi sorride.

Si volta.

Chiudo gli occhi, per poi riaprirli l'attimo dopo. Osservo la parete logora piena di scritte e di graffi.

...FINE FLASHBACK...

Una fitta mi colpiì.

Quella parete...›

‹Te la ricordi?›

Mise le mani sulle ginocchia dopo essersi piegato verso di me.

«No, non mi diverte.» gli risposi in seguito.

Inarcò entrambe le sopracciglia.

«No? E come mai, è?»

Io «Non capisco cosa tu ci possa trovare di divertente.»

...FLASHBACK...

«Cosa potrei trovarci di divertente?»

Mi sorride, mentre mi guarda dal basso verso l'alto.

Poi, anziché rispondermi, mi dice «Invece di uccidere il mostro che è dentro di te l'ho fatto ardere ancora di più...»

Si mette a ridere, ma si blocca, mettendosi a tossire. Il coltello che tengo in mano giocciola ancora. Ho il camicie sporco del suo sangue.

...FINE FLASHBACK...

Claus «La cosa che più mi diverte sono le persone che cambiano sé stesse, fino a scordarsi di chi sono davvero.»

Caddi a terra.

«Hai mal di testa?» E lui cosa ne sa?!› «Le prendi ancora quelle medicine di merda?»

Sto impazzendo?›

«Non capisco...»

Mi tenni il capo fra le mani, tirai una testata contro il pavimento.

Perchè non passa?!› -gridai nella testa- ‹Passa passa passa passa passa passa passa passa passa passa passa passa passa passa passa, passa!›

Ne tiro un'altra.

Claus «Avevo ragione.»

Udiì i suoi passi farsi più lontani.

Aron Jhones (POV'S)

Ero rannicchiato su me stesso.

Fatemi uscire fatemi uscire fatemi uscire fatemi uscire fatemi uscire.› «Fatemi uscire cazzo!» gridai in seguito.

Notai che la porta stesse venendo aperta.

«Sei solo tu...»

Christian «Wow! Entusiasta come al solito vedo.» ‹Mi prende in giro o che cosa?›

Ha qualcosa in mano.

«Prendi questo.» me lo allungò.

Decisi così di ricordargli una cosa «Sai perfettamente che io e le medicine non andiamo d'accordo.» quante volte avrei dovuto ripeterglielo?

Sbuffò «È un antidolorif–..» «Non mi interess–..» «An-ti-do-lo-ri-fi-co! Antidolorifico. Presente?»

Fu la mia volta di mettermi a sbuffare «Lascialo lì.» feci un cenno con la testa.

Christian,ovviamente,decise di ribattere «Se lo lascio lì come dici so già che non lo prendi.» poi aggiunse «Ti prendo un bicchiere d'acqua.»

Quando fece ritorno me lo porse.

Osservai ciò che teneva in mano e il bicchiere d'acqua con astio. ‹Guarda che non ti morde!›

Ed io lo avvertì «Spera che funzioni.»

Afferrai prima la pastiglia e poi mi feci passare il bicchiere.

Non ero ancora in grado di muovere senza problemi la parte destra, non pensavo che una spalla potesse dare tutti questi problemi.

Per il resto stavo meglio, non che i dolori fossero passati del tutto, ma stavo meglio.

«Abbiamo la visita, riesci ad alzarti?»

Feci leva sulle gambe. Gambe che, ogni tanto, la notte decidevano di darmi qualche crampo. ‹Se solo uscissi da quì mi muoverei anche magari.› -perchè la causa era proprio il mio mancato movimento.-

Stavamo camminando.

E poi lì dentro sto impazzendo.› -mi dissi.-

Non facevo altro che fare degli strani sogni, e oltre a questo ad avere degli strani flash.

Certi pensieri continuano a mangiarmi la testa. E non ne posso più.›

Taylor Vega (POV'S)

Mi stavo tenendo in piedi solamente grazie alla parete che mi faceva da appoggio. Ero uscita da quella stanza da non molto.

«Stai bene ragazzina?» mi chiese «È stato così traumatizzante?»

Mi fermai per osservarlo. Prima che si girasse mi parve di vedergli fare un ghigno.

Che sia lui invece la sua spia? O forse–..› «Ah!» esclamai.

Mi misi una mano sulla fronte e premetti forte.

Quei flashback...›

‹Smetti di reprimere.›

«Hei, tu. Allora?»

Avevo il fiatone, eppure, non avevo percorso neanche cinque metri.

Passarono trenta minuti esatti.

Feci per andare nella mia cella ma mi bloccarono la strada.

«Sofia, non è il momento...» persi la voce in fine.

«Noto.»

Misi avanti un piede, ma non aveva finito.

«È andata bene la visita?» il suono della sua voce mi arrivò ovattato, o perlomeno, questa fu la mia impressione.

Io «Che? Sì.» ‹Devo dormire.› -mi dissi.-

Sofia non si tirò indietro «Mh. E chi ti è venuto a–..» «Weilà!» ‹Non-urlare.› -strinsi i denti.-

Sofia lo fulminò con lo sguardo «Che cosa vuoi?»

Enrico «E tu? "Sofia"?» virgolettò.

Ero solamente io che non riuscivo a capire niente di questi due? Sarà stato dovuto al mal di testa, probabilmente.

Sofia gli disse a denti stretti «Stavamo parlando.»

Enrico inarcò un sopracciglio «Quindi? Perchè? C'entro io? Non posso saperlo? S–..» lo interruppe «Quante domande fai?!» alzò la voce.

Le si avvicinò «Almeno le mie sono sensate. E non hanno uno scopo ben preciso.»

«Be', ci vediamo.»

Sofia ci salutò con un cenno della mano andandosene via frettolosamente.

Enrico mi disse «Non mi piace. Non la trovi strana?»

Perchè anche lui mi sta ponendo questa domanda adesso?! Voglio solo andare nella mia cella, cosa c'è che non capiscono?›

Io «Devo andare. Ci vediamo.»

Nicolas Kepler (POV'S)

«Non potevi aspettare?!»

Allontanai il telefono dall'orecchio.

Mi dava parecchio fastidio quando si metteva ad urlare.

«Non preoccuparti. Sono nascosto e in giro non ci sono né detenuti, né guardie.» gli feci sapere dopo averlo riavvicinato. ‹Magari così si tranquillizza.› -commentai.-

«Allora? 'Sta urgenza?» mi chiese.

Feci un tiro di sigaretta.

«C'è una ragazza.»

Prima di continuare a parlare buttai fuori il fumo.

«È piuttosto "strana".»

«Che vuol dire?»

Cercai di spiegarmi meglio «È acuta, attenta, sospettosa e molte altre qualità tipiche. Fa domande. Troppe domande, oserei dire, e–..» mi interruppe «Arriva al punto.»

«Ma soprattutto le 'sta troppo vicino.»

Buttai la sigatetta per terra e la pestai col piede.

«Devi ucciderla.»

Rimasi fermo.

Ucciderla?› -mi ripetei le sue parole nella testa.-

«Non mi interessa come, ma devi ucciderla.»

Me ne accesi un'altra.

«Hai capito?»

«Ho capito.»

Mi guardai in torno, nessuno mi aveva notato.

Poi mi chiese «Gli altri stanno facendo il loro lavoro?»

«Sì.» mi lamentai in seguito «Però mi stanno un po' troppo addosso. Digli di calmarsi, ricordagli che sto dalla loro.»

Rise «Che pretendi? Mh? Che ti trattino meglio degli altri per caso? Lo capirebbero subito.» mi fece presente.

‹Tśh. Figurati.› -sorrisi beffardo.-

«Ti ha visto?»

«No. Non penso che ancora lo sappiano.»

«Be'. Sicuramente lo sapranno presto mi disse dopo aver fatto una pausa.

Udiì un paio di passi.

«Devo andare.»

Sofia (POV'S)

«James.» lo richiamai «Finalmente ti ho trovato.»

«Cosa c'è? Come hai fatto ad entrare quì? Sai che se ti avesse–..» «"Se mi avessero scoperta sarei morta", blà blà blà. Sì. Lo so già.» mi appoggiai coi goimiti allo schienale della sua sedia.

James alzò lo sguardo su di me «Quindi?»

«Dov'è il tuo amico?» gli chiesi.

Inarcò un sopracciglio «Il mio amico?»

«Sì, quel Jay. Quello con cui stavi sempre assieme ai tempi.»

«Parli di Christian.» si alzò dalla sua postazione e si appoggiò col fondo schiena alla scrivania «Cosa vuoi da lui?»

-Sogghignai- ‹Perspicace come al solito.›

«Devo solamente dirgli una cosa.»

Taylor Vega (POV'S)

La giornata era quasi trascorsa, ormai era sera tarda.

Notai Chiara.

Come mai ha quell'espressione?›

«Due cose ti devo dir.» mi mostrò le dita «La primera parla delle pastiglie.»

«Le mie pillole blu?»

«No devi più tocarle.» mi disse con un'espressione seria in viso.

Allora le chiesi «Perchè? Hai scoperto qualcosa?»

«Sono illegali y sobretodo su di loro no se sa niente.» che voleva dire?

«Niente?»

«Nada de nada!»

«Mh...» che avrei dovuto pensare?

Chiara mi domandò «Non le hai più prese, verdad?»

Scostai lo sguardo per un attimo.

«No...»

Solo due ore fa...› -ne avevo buttate giù cinque.-

Durante le due settimane oramai trascorse ogni tanto me la venivano a portare, non l'avevo più presa, come mi avevano suggerito, così le avevo accumulate.

Ma non ce l'avevo fatta più.

Non facevo altro che avere mal di testa più frequenti, sudavo e spesso ero nervosa.

Io ho bisogno di quelle pillole blu.›

Mi sentivo parecchio intontita e a volte mi girava la testa.

Saranno state troppe tutte in un colpo?

Decisi di porle una domanda «Secondo te cosa potrebbero causare se le hanno tolte dal mercato come dici?»

Sembrò rifletterci su.

Rispose «No lo sé, so solamente que la causa più comune potrebbe esere la dependencia che potrebero provocare.»

Ha detto dipendenza?›

Ne rimasi interdetta.

Poi le chiesi «E quale sarebbe la seconda co–..» mi interruppe «Por qué fai la traficante?!» mi puntò un dito contro.

Mi grattai la testa, smettendo di guardarla in faccia, poi però mi venne in mente una cosa «E tu perchè ti droghi? Sai che ti potrebbero fare se ti scoprissero?!» fu mia la volta di farle la ramanzina.

Lei mi rigirò la domanda «Y tu? Lo sai?»

Oh, io lo sapevo benissimo. Era ancora marchiato a fuoco nella mia mente quel giorno in cui fecero mangiare quella "sigaretta speciale" a quel ragazzo.

«Yo lo faccio porque mi piace.»

«E io lo faccio perchè mi conviene.»

Entrambe dissimo la nostra ragione.

Chiara poi mi disse «Ti va di venire con me?»

«Perchè? E dove?»

«Non mi va di lasciarti quì da sola.» mi regalò un mezzo sorriso ed io alla fine acconsentiì.

Mentre stavamo camminando in lontananza notai Carlotta, stava parlando con un'altra detenuta. ‹Sarà per i suoi affa–..› -fermai i miei pensieri- ‹No. Aspetta.› Aguzzai la vista.

«Quella...»

«Che c'è?» mi domandò Chiara.

Quella era la ragazza che mi aveva ridotto la schiena uno straccio. Perchè stavano parlando?! E non non solo questo, stavano persino ridendo insieme mentre si fumavano una sigaretta.

Chiara «Tutto okay?»

Strinsi i pugni «.» fino a farmi sbiancare le nocche.

Ripresi a camminare.

Mi aveva trascinato con lei nelle docce. ‹Ma cos'è 'sta puzza? -mi chiesi dopo essermi tappata il naso.-

«Chiara, ce l' hai fa–.. E questa? Chi sarebbe?» disse la ragazza completamente tatuata.

«Un'amica.» le rispose.

Notai in seguito la ragazza dai capelli azzurri, Maria.

«Tu.»

«Io?» si indicò.

«Conosci una ragazza con la testa rasata di lato e con un piercing al sopracciglio?»

Mi rispose subito, senza neanche pensarci «Ma chi? Manuela?»

Le arrivai faccia a faccia «Lavora per Carlotta?»

«Sì.» aspirò e poi me la gettò in faccia facendomi tossire di conseguenza.

La tipa tatuata disse «Ci hai portato una rompicoglioni? Èh Chiara?»

Non feci caso a lei «Quindi lo sapevi?!» le dissi poi mentre tenevo la mano davanti alla faccia, non lo sopportavo quell'odore.

Maria fece una faccia da pesce lesso «Ma che cosa?»

«Che mi ha fatta pestare così che io le chiedessi di darmi protezione in cambio di favori.»

Chiara esclamò «Che cosa?!»

Maria mi osservò «Lavoro per lei, ma non so tutto.»

«E perchè lavori per lei?!»

«Tśh.» si lasciò scappare un risolio «Non sai che certe domande non si pongono?»

«Ha fatto picchiare anche te?! Ti ha minacciata?!»

Ma prima che potessi fare altre domande mi rispose «No. Niente di tutto ciò.» fece ancora un tiro e poi la passò «Mi sono offerta.» ‹Si è offerta?› «Mi serviva un appiglio e l'ho trovato. Fine.»

Non potevo crederci.

E io che avevo pensato che fosse stata Rose a mandarla!›

«Ci ho chiuso.»

Maria si mise a ridere.

«Які кульки!» esclamò la ragazza tatuata.

La guardai di traverso, ma non ci diedi peso.

Anche se questa lingua ed il suo accento mi sembrava di averlo già sentito.

Intanto, quell'altra, non aveva ancora smesso di sghignazzare.

Io «Lo trovi divertente?»

«Non funziona così.» mi fece presente «Quando entri nel giro resti nel giro.»

«Ma che storia è?!» alzai la voce.

La ragazza «Abbassa la voce ебать!» ‹Che ha detto?›

Guardai Chiara e le domandai «Mi ha insultato?»

«No.» ridacchiò «Avrà detto qualche parolaccia en la sua extraña lingua.»

«La mia 'extra'... che?» le lanciò un'occhiataccia.

Chiara le rispose divertita «No, nulla.»

«Parla!»

Maria «Calmati Martina, 'extraña' significa 'strana'.» le spiegò.

La ragazza di nome Martina commentò «Non è strana! È turco!»

Io presi parola, rivolgendomi a Maria «Comunque, riprendendo il discorso di prima–..» «Te l'ho già detto. Non funziona come dici tu.» mi rispose.

Le chiesi irritata «E perchè?!»

«Perchè è così e basta!» alzò la voce.

Non riaprimmo più l'argomento.

Trascorsimo il resto dell'ora a parlare del più e del meno, come se non ci trovassimo all'interno del reparto docce ma ad un tavolo in un bar. Loro che fumavano ed io che non facevo altro che tossire. Però, nonostante questo e togliendo tutto il resto, non mi trovavo male in loro compagnia.

09:00

Erano le 09:30 del mattino, ero già sveglia stranamente.

Non ero riuscita a dormire per tutta la notte.

Ma perchè?› -sbuffai e mi stropicciai gli occhi.-

Ne hai abusato.›

‹Ma di che cosa parli?›

Appena raggiunsi la mensa la notai subito.

«Buon giorno fiorellino! Hai dormito bene? Però... mmmh, non se–..» la interruppi «Dacci un taglio.»

Carlotta restò a guardarmi, non capendo «Che succede? Hai la luna storta?»

«Quanto l'hai pagata?!»

Alzai la voce e attirai l'attenzione.

Devi stare calm–..› -la interruppi- ‹No. Ho smesso di stare calma.›

Carlotta mi strattonò per le spalle. Mi costrinse a camminare all'indietro ed io finiì per inciampare, presi una bella botta al fondo schiena! Mi massaggiai la parte dolorante appena mi rimisi in piedi.

«Cos'hai nella testa?!» ovviamente non mi fece le sue scuse «Dimmi! Cosa?!»

«L'hai mandata tu in realtà, non è così?» le rifeci la domanda.

Carlotta inarcò entrambe le sopracciglia «Chi?»

«Manuela.»

«Opss! Eh già, eh già. Accidentaccio! Sarei dovuta essere più attenta.» si mise a gesticolare, parlando pure con nonchalance.

Diminuiì la distanza fra di noi «Quindi è così.»

«Già!» mi sorrise con perfidia.

Mi voltai.

«Io ho chiuso.»

In un attimo mi ritrovai con la schiena contro il muro.

«Come come?»

Mi osservò dal basso verso l'altro, aveva lo sguardo di una vipera pronta ad attaccare la mia gola.

Io «Tu mi hai ingannata!»

«Oh, sì sì. Sì sì. Lo ammetto!» gongolò. ‹Perchè io finisco sempre con l'aver a che fare coi pazzi?›

Decisi di insistere «Io ho chiuso. Basta.»

Percepiì uno spostamento d'aria.

Lei mi avvertì,mentre mi puntava un coltellino alla gola «Non puoi fiorellino. Non funziona così, lo sai?»

«Non ti devo niente.»

Chiuse gli occhi, sorridendo tra sé e sé.

«Ehilà!» probabilmente era la voce di una guardia «Che state facendo lì?!»

Mi sorrise diabolicamente.

Avvicinò ancora di più il coltello ed io alzai la testa, potevo percepire la punta di questo pungermi la carne. Potei sentire in seguito il suono del suo respiro dritto nel mio timpano.

«Sei morrrta.»

Si allontanò in fetta rinfilando in tasca quell'arnese.

Lei assunse una posizione da soldato «Tutto a posto!» riprodusse anche un perfetto saluto militare «A presto!»

Mentre camminava si voltò all'indietro e mi fece l'occhiolino.