Christian Jay (POV'S)
«Hai capito?» domandai ad Aron.
Erano almeno due minuti che glielo ripetevo. Sembrava trovarsi in una specie di stato di trance, non mi stava ascoltando. I suoi pensieri erano così tanto forti da farlo estraniare davvero dal mondo in questo modo?
«Ti sto parlando, mi senti?» lo riscossi.
Sbatté gli occhi.
«Sì, ti ho sentito.» rispose burbero.
Forse riusciì ad intendere a cosa stesse pensando.
«Ascolta...» cercai di attirare la sua attenzione «Questa volta non ci rovinerà.»
«Forse a te no! Ma a me sì!» si mise sbraitare. ‹A quanto pare si è risvegliato benissimo.›
Tentai ancora una volta di rassicurarlo «Non riuscirà a fare–..» «Niente?! Peccato che abbia già fatto abbastanza, non credi?» sembrò ringhiarmi contro.
Decisi di non rispondergli. Non sarebbe servito a niente.
«Dobbiamo andare ora.»
«Non voglio vederlo.» disse con risolutezza.
«Non dirmi che pensi di risolvertela da solo.»
Aron mi guardò «E invece è proprio così!»
«E come, spiegami! Non puoi. Ci siamo di mezzo tutti–..» m'interruppe «Ah!» commentò con ilarità «Ma non farmi ridere.»
Allargai le narici «Ci serve la tua collaborazione. Lo capisci?!»
«Capisco fin troppo...»
Dieci minuti dopo entrammo nell'ufficio del direttore.
Egli «Dal tuo sguardo mi tocca dedurre che tu sia a conoscenza di tutto.» mi tirò una brutta occhiata.
Pensava davvero che non se ne fosse potuto accorgere?
«Sarebbe dovuto sparire, non essere rinchiuso in un carcere lontano da quà!»
Sospirò «Sì. Ma certe cose sono "problematiche" da portare a termine.»
Aron si strofinò la faccia in modo agitato e le manette emisero un suono metallico.
-Continuai ad osservare Aron- ‹Fra poco so che scoppierà il finimondo.›
Egli proferì nuovamente parola «Non te ne saresti dovuto preoccupare–..» «Ah no?! Eppure vuoi spedirmi nel suo stesso carcere!» gli sputò in faccia.
Mise le mani sulla scrivania lucida.
A Boston si trovava un carcere di massima sicurezza da cui era impossibile fuggire. Eppure, ci erano riusciti, persino in due. Nonostante avesse fatto progettare dai migliori ingegneri una stanza apposita per Claus lui era riuscivo comunque a svignarsela ancora una volta. Niente riusciva a fermarlo. Né mura d'acciaio, né alcun sensore, né delle manette di posizione. Né tantomeno le preghiere di chi aveva il suo stesso sangue in circolo.
Non si degnò di commentare a riguardo, gli volle solo far presente «Non sarebbe dovuto fuggire. È stato progettato da me.»
«A quanto pare non è bastato!» ringhiò.
Si stavano guardando intensamente, potevo percepite sin da quì il loro volersi tener testa a vicenda solamente con lo sguardo.
Si alzò anch'esso in piedi «Hai forse da ridire qualcosa?»
Il direttore quando non aveva ragione era in grado di capirlo ma non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce.
Io me ne rimasi zitto.
Aron si voltò verso la mia figura «E tu come mai te ne stai zitto?»
Che avrei potuto dire?
«Oh, giusto... Non è che tu abbia tanto da dire.» sorrise perfido «A parte ammettere la merda che sei, ovviamente.» mi schernì.
Strinsi le mani lungo i fianchi.
«Non parlargli così.» venne ripreso.
Aron si mise a ridere.
‹Io la conosco questa risata da...› -forse mi dovetti pentire di quel pensiero, ma purtroppo questo era quello che sembrava- ‹Pazzo in preda ad una crisi di nervi.›
«I-infondo... Che ma-i potresti dire?» disse a scatti dovendosi ancora riprendere dalle sue risa'.
Digrignai i denti.
Che cosa avrei potuto dire? Tante, tantissime cose. E scelsi di esplicarle.
‹Odio prendermi degli insulti così a gratis.›
«Non ti ho detto nulla fino ad adesso perchè sapevo che avresti perso la testa!»
Aron mi guardò come se fossi io il pazzo quì «Io...?» si indicò «Perlomeno, la mia, di testa, quando la uso funziona!»
Mi avvicinai «Oh ma davvero?»
«Sì.» disse tra i denti.
«Dateci un taglio.»
‹Oh, no, no. Io ho appena iniziato.›
Mi spintonò.
«Se lo avessi ammazzato come volevo–..» «Cosa?!» lo interruppi «Non sarebbe cambiato niente!»
Lui «Ah no?»
Aron mi osservò dall'alto con quella sua espressione di superiorità che tanto odiavo.
«Se invece io quell'ultima volta non ti avessi seguito a quest'ora–..» «Cosa?!» fu sua la volta di interrompermi «Perchè ti trovi una brutta posizione tu vero?!»
«Sta' zitto...» -Contrassi la mandibola- ‹Non deve parlare. Non sa un cazzo.›
Aron usò un tono sfrontato, da presa in giro «Intanto quello dentro ad una fottuta cella non sei tu.»
Io «Eccoci al punto!» gesticolai.
«Sì. Eccoci al punto...» s'avvicinò «Tu te la sei cavata solamente perchè ti sei abbassato a lui!» indicò chi ancora se n'era rimasto praticamente in silenzio da quando avevamo cominciato a discutere.
«Io–.. Non–..» serrai i pugni così forte da farmi sbiancare le nocche.
Aron «Bravo! Non dire niente!»
«Io non ero come voi...»
«Come prego?» mise la mano aperta vicino all'orecchio facendomi intendere di non aver capito bene.
«Io non ero come voi!»
Aron sorrise divertito «Dimenticavo che ora sei uno di quei cagnolini ammaestrati.»
Mi fiondai addosso a lui, strinsi la sua felpa con impeto!
‹Come osa?›
Aron lesse il mio sguardo e contrattaccò con le parole «Perchè, non è vero che esegui ogni cosa che ti impartisce il tuo padrone?»
Alzai la mano stretta in un pugno.
«Dai! Fallo!» mi incitò «Cosi 'sta sera avrai qualche crocchetta in più da aggiungere al tuo piatto.»
Prima che il mio gancio potesse schiantarsi sul suo viso fu bloccato.
«Adesso basta.» parlò col suo tono di voce glaciale.
Chiusi gli occhi per un attimo.
Il mio pugno era ancora a mezz'aria, nella mano del direttore. Non lo avevo abbassato e tantomeno avevo lasciato andare la presa sulla maglietta di quel maledetto.
Lo mollai in malo modo.
‹Eh che cazzo...›
Ma quando stetti per abbassare la mano...
Disse «Bravo, sta' a cuccia.»
Con uno scatto gli colpiì la mandibola!
«Adesso basta!» gridò a gran voce il signore di questo posto.
-Sentiì dire sottovoce da Aron: 'bel colpo', ed io gli risposi col pensiero- ‹Va' al diavolo! Stronzo.›
Si rivolse unicamente ad Aron «Rimani al tuo posto se non vuoi essere trasferito oggi stesso!»
In tutta risposta lui si mise a ridere a crepapelle. La sua però non era una risata divertita. Era ricolma di puro rancore. Odio. Rabbia. Sia verso di lui, che verso di me.
«Lo difendi sempre a spada tratta vedo...» gli riservò un'occhiata di sfida.
Egli rispose «Avrei potuto farlo anche con te, ma–..» «Io non mi abbasso ai suoi livelli!»
Mi tolsi da davanti alla faccia l'indice che mi aveva puntato contro «E quali livelli sarebbero?»
‹Quelli dell'effimera sopravvivenza.›
Lui «Quelli della pura sottomissione e del rinnego di ciò che hai fatto.»
«Io non nego niente!»
«E allora mettiti a pagare!»
Ci stavamo fronteggiando.
Il gran signore prese la parola «Sei tu ad aver raggiunto i livelli più bassi, non Christian.»
Ad Aron ballò un occhio.
«Ma davvero?» lo scherniì in tutta risposta «Non credo proprio.»
Si diresse verso la porta.
«È per come sei diventato che adesso ti trovi in questa situazione!»
Aron si fermò.
«Tu mi hai sempre odiato!» gridò.
«Solo a causa di ciò che sei!»
«Quindi la colpa sarebbe la mia?!» si indicò.
«E di chi altro?!»
Gli arrivò muso a muso.
«Del padre di merda che sei sempre stato, ecco di chi è la colpa!»
Glielo sputò in faccia. Senza timori, né remore.
«Aron...» lo richiamami.
«Cosa?!» balzò indietro «Che c'è?! Ora difendi pure il paparino?»
«Non–..» bloccai le mie stesse parole.
‹Sì, dai, parla.› -mi incitò.-
‹Non mettertici pure tu!
Si mise in mezzo «Adesso basta!»
Aron si rivolse ad egli «Volevi che crescesse tale e quale a te vero? Peccato non abbia il tuo carattere.»
«Sent–..» mi fermai ancora.
«Cosa c'è?! Non ho ragione?!»
La conversazione era sfociata in ben altro. Ma infondo c'era da aspettarselo.
«Pensi davvero che io non lo odi?» il tono che usai fu basso «Pensi che non provi ciò che provi tu?» ‹Non hai proprio capito niente.› «Io lo odio più di quanto lo possa odiare tu.»
Fonteggiai mio fratello.
«Tu, a casa, non c'eri mai.» dissi fra i denti.
Finimmo testa contro testa.
Aron mi disse «Lui ha sempre e comunque scelto te, il figlio bastardo...»
Prima che potessimo metterci definitivamente le mani addosso si mise fra di noi tendendoci entrambi a distanza l'uno dall'altro.
«Quando una persona nasce per sbaglio è una cosa...»
‹Davvero lo definisce così?›
«Un'altra è quando una persona è nata sbagliata e basta...»
‹Davvero osa parlare così?›
Prima che uno di noi due potesse cominciare ad attaccarlo iniziò a parlare a raffica.
«Sapete che cosa si prova a vedere i propri figli in rovina?! No. Non ne avete idea, non ne potreste mai avere idea! Me ne arrivavano di voci... Dicevano che dovevo farvi rinchiudere. In continuazione! Voci su voci! Parole su parole!»
Riprese fiato.
«I miei due primogeniti erano diventati degli stronzi col fiocco e poi, il più piccolo, a seguito! Ah! E poi si aggiunse Nicolas–..» smisi di ascoltarlo.
Sì. Noi quattro eravamo sempre insieme, iniziai a girare con loro quando avevo solo 11 o 12'anni al massimo. Io ero 'il piccolo'.
‹Li seguivo sempre.› -pensai- ‹Finché non mi riconobbi più.›
Tutte le volte che combinavo qualcosa o che mi facevo di qualche droga di troppo pensavo a lei, a nostra madre. Non facevano altro che venirmi in mente i suoi occhi ed il suo sguardo deluso.
Solo a 15'anni la smisi.
‹E sembra passata una vita.›
Smisi con le droghe, con le donne, coi guai. Non avevo più intenzione di seguirli. Mi ero ritirato.
‹Io non ero come loro.›
‹Ah no? E cos'eri?›
‹Diverso.›
‹Ah, ma davvero?›
‹Sì.›
‹E perchè?›
‹Perchè avevo smesso per due buoni motivi.›
Avevo smesso per mia madre e per mia sorella.
Una di quelle ultime sere feci ritorno a casa, accadde il caos.
...FLASHBACK...
‹Basta.› -penso- ‹Non voglio più seguirli.›
Questa volta avrei fatto sul serio, avrei lasciato perdere tutto.
«Sei una stronzetta!»
Non riesco a capire, la mamma non dovrebbe essere a casa...
«Che cosa ti ha insegnato tua madre?»
‹Grace.› -pronuncio forte e chiaro nella mia testa.-
Lei non è il tipo di persona che si fa sottomettere, purtroppo, la conosco fin troppo bene. Sopratutto quando si ritrova da sola e non si può mettere in mezzo nessuno. Come può essere così sciocca?
Lui «Ora ti insegno io...»
Spalanco la porta della cucina! Lui tiene in mano un bastone. Lei se ne sta chiusa all'angolo.
«Papà!» dico.
Le tira il manico della scopa sulle gambe!
Io con un solo balzo raggiungo la sedia, ci salgo sopra dopo essermi dato lo slancio, e finisco proprio con le braccia attorno alla sua gola. Lo trattengo. Le intimo di scappare. Lei non mi da retta.
Alla fine riesce a buttarmi per terra, alza il bastone, e poi...
martedì
Sono passati due giorni e ancora provo dolore dappertutto.
Grace mi accarezza la mano «Non avresti dovuto farlo...»
«Non devi sentirti in colpa, non c'entri niente.» mi tiro su a sedere e dopo averle messo una mano sulla testa aggiungo «Altrimenti che fratello sarei?»
Mi sorride.
*blam*
La porta sbatte. È appena entrato.
Dopo essere rimasti soli mi dice «Da oggi ti prenderò sotto la mia ala.»
«Cosa?!» mi tiro su a sedere di scatto. ‹Che significa?›
Mi osserva con quei suoi occhi color grigio piombo «Sei ancora in tempo, non ti rovinerai ancora.»
«Ma–..» mi interrompe «Claus ed Aron ormai sono persi, non possono tornare in dietro. Ma... Tu...» ‹Non provare a dirlo maledetto mostro.› «Sei ancora in tempo.» pensavo che avesse finito, invece continua a parlare «Dall'anno prossimo ti iscriverò dove dico io e intanto ti insegnerò un po' di cose.»
Si allontana.
‹Non diventerò mai come te.›
«So a cosa pensi.» mi dice dopo aver messo le mano dietro la schiena «Ma, se non lo farai...» ‹Non può dirlo sul serio.› -pensai già consapevole di quel che avrebbe detto.- «Grace non avrà mai pace.»
‹Vuole davvero mettere di mezzo lei come garanzia?!›
...FINE FLASHBACK...
Io ero "il figlio che non aveva mai avuto",così mi aveva sempre detto.
Ma quanto avrei pagato per non trovarmi nei miei stessi panni solo il grande dio onnipotente poteva esserne a conoscenza.
Alla fine, fui io, quello a sorbirsi tutto ciò che accadeva in casa 24h su 24h.
...FLASHBACK...
«Avevi detto che se ti avessi ascoltato l'avresti lasciata stare!» dico furioso.
Grace, con ancora le lacrime agli occhi, mi stava intimando di lasciar perdere.
«Che cosa sta succedendo?» si stropiccia un occhio.
Mio padre si gira verso mia madre.
«Tornatene a dormire donna.» ordina «Non vedi come sei ridotta a causa di quegli psicofarmaci?!» ‹Li prende per causa tua, perchè non hai saputo starle vicino.› -mi mordo forte la lingua finché non sento il sangue in bocca.-
Rabbuiato in volto dico «Non parlarle così...»
«Cosa?» si gira verso di me.
Grace mentre mi tira per la manica per intimarmi di starmene zitto senza farsi notare sussurra «Dai, lascia stare...»
Ma io, testardo come sono, non l'ascolto «Hai sentito.»
Lui «Ah, avrei sentito?»
Mi si avvicina pericolosamente.
Io «Va' di sopra e porta la mamma con te.»
Senza fiatare e con le lacrime che le ricominciano a sgorgare dagli occhi fa come dico.
Lui alza il braccio. Io serro gli occhi.
‹Dove cazzo sono quei due?!› -mi chiedo mentre mi ritrovo per terra a pararmi dai suoi colpi.-
...FINE FLASHBACK...
Posai gli occhi su quell'uomo.
«Io ti odio a morte.» il tono con cui venne pronunciato ciò che dissi quasi pensai che non potesse essere il mio.
Dopo aver detto questa frase usciì da quella stanza.
Aron Jhones (POV'S)
Rimasi da solo con egli.
Si risedette sulla sua sedia.
Quando mi girai venni fermato dalla sua voce «Dove pensi di andare senza essere accompagnato?»
‹Sta scherzando?› -mi voltai verso di lui, lo stavo fulminando con lo sguardo.-
«Non guardarmi così.»
«E come ti dovrei guardare?» ribattetti.
Sospirò profondamente.
«Se tu non ti fossi messo in "certe situazioni" a quest'o–..» lo interruppi «Che cosa?» ‹Non può parlare sul serio.›
Egli disse «Christian è l'unico che ne è uscito, voi avreste dovuto fare lo stesso, ma non lo avete fatto!»
«Aah è di questo che si tratta?» sghignazzai «Tu hai deciso di salvare lui e di far cadere me!»
«Non–..» «Lo hai tirato fuori da tutto solo perchè altrimenti la reputazione che volevi che si creasse sarebbe stata rovinata e per fargliela tenere stretta hai deciso di agire così!» gli sputai in faccia la verità.
«Lui se ne stava tirando fuori.» parlò «Mentre voi no!»
Dissi io «Sì, certo, bella scusa.»
«Voi due eravate dei casi persi.» ‹Oh, sì, certo.› -commentai nella mia testa.- «All'inizio pensavo che tu lo seguissi e basta, e invece...»
«Invece che cosa?» lo incalzai.
Riportò i suoi occhi su di me «Invece eri peggio di lui.»
Sentiì i nervi irrigidirsi «Che cosa vorresti dire?!»
‹Come si permette di venirmi a dire che io ero peggio di Claus?!›
«All'inizio eri tu ad essere una pedina nelle sue mani ma poi iniziò ad esserlo lui fra le tue!»
Negai con la testa e poi mi allontanai da egli.
«Tu, che parli sempre di me...» iniziai a dire «Perchè non inizi a parlare di te stesso?»
«Non c'è proprio niente da dire.»
-Inarcai un sopracciglio- ‹Ah, ma davvero?›
«Tutto quello che ci hai fatto passare fai finta di non ricordarlo?»
Provò a dire qualcosa ma non glielo lasciai fare.
«Parli tanto di noi dicendo che siamo quelli marci, ma la mela, ricorda bene, non cade mai lontano dall'albero.»
Si alzò in piedi. Avevo fatto centro per caso?
Tutto ciò che avevo detto lo pensavo con ogni briciolo di me stesso. Era la pura e semplice verità.
Egli puntò il dito verso la porta «Dovevamo parlare d'altro! Adesso fuori da quì!»
Mi aprirono la porta.
Mi voltai un'ultima volta verso la sua figura «Sei tu che te la sei cercata.»
Con tutto quello che era successo durante questi due giorni non volevo vedere nessuno, così mi diressi nell'unico posto che conoscevo.