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CRESCERE NEL CRIMINE

Ragazzi e ragazze, tutti rinchiusi nello stesso lurido posto. Vittime delle loro azioni. Vittime di ciò con cui si sono macchiati. Vittime di chi li ha cresciuti. Ma soprattutto, vittime di loro stessi. Quando sei vittima di te stesso non puoi correre da nessuna parte. Solo imparando ad affrontare la realtà, solo così, potrai dire di essere veramente libero. Ma ci si può liberare della propria mente? Non potrai mai sentirti libero se prima non impari a convivere con quel che hai fatto pagandone le conseguenze. Alcune cicatrici è difficile guarirle. Dipende dove te le porti, se nel corpo, o nella mente. I pensieri fanno male, logorano. Le azioni ne conseguono. Ma quando ti ritrovi in un posto dove quel che hai fatto ti viene messo tutto su un tavolo, non puoi non guardare in faccia la realtà. Così impari a conviverci h 24, rimanendo solo tu coi tuoi pensieri perenni. Loro verranno uniti da una sola cosa, ovvero, una cella fredda ed un pavimento polveroso dove parlare dei loro maledetti problemi. E questa, è la loro storia... Lui, per lei è come una calamita Lei, per lui è la persona sbagliata. Lui, è la tempesta. Lei, è la calma. Lui, è la persona da cui vorresti stare lontano. Lei, è la persona a cui vorresti stare affianco. Lei, è cresciuta volendo pensare al futuro. Lui, è cresciuto restando intrappolato nel passato. Lei, angelo dannato in cerca di emozione. Lui, demone disperato in cerca di pace. Lei, vittima del pericolo. Lui, vittima del crimine. ⏩©copyright,tutti i diritti riservati sequel: "VIVERE NEL PERICOLO". STORIA COMPLETATA⏪

thestories01 · realistisch
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66 Chs

LII° voglio abbracciare il tuo dolore

«Martina...?» mi chiamò Taylor.

Mi ero completamente dimenticata della sua presenza quì.

«Facciamo domani.» le dissi.

Mi tolsi i guanti, li lanciai sulla panchina proprio dove stava lei. Mi sarei andata a fare una doccia.

Taylor Vega (POV'S)

Mi lasciò quì da sola.

Ma che cavolo hanno tutti oggi?› -sbuffai.-

Quando usciì da quì notai Liamh, sembrava che stesse cercando qualcuno. Tentai di non farmi vedere ma fu inutile visto che stava venendo proprio verso di me.

Incominciare a camminare non servì dato che mi affiancò in un attimo.

Che cazzo vuole da me adesso?›

«Stavo cercando proprio te.» disse, ma io non gli risposi.

Mi sbarrò la strada.

«Lasciami in pace!» mi misi sulla difensiva.

Liamh sbuffò una risata ‹Si diverte 'sto stronzo?› «Devi venire con me, hai una visita.»

«Una visita...?» ripetei, confusa.

«Sì. Avanti. Muoviti.»

Mi mise le manette senza neanche quasi farmelo notare.

«Forza.» mise una mano sulla mia spalla per farmi avanzare.

No.› -deglutiì- ‹Perchè proprio lui?›

Durante il tragitto rimasi rigida come un palo. La sue mani addosso mi davano disgusto. Non volevo che mi toccasse, ma non avevo la forza per farglielo sapere.

Liamh prese parola «Ti senti bene?»

Il groppo in gola si fece sempre più grosso.

«Uff! Non dirmi che ce l'hai con me.»

-Scattai con lo sguardo su di lui- ‹Mi stai prendendo per il culo?›

Arrivammo. Ci avevamo messo ben poco ma a me era sembrata un'infinità.

Mi fece entrare.

«Hey doll.» disse «Hai proprio una brutta cera, lo sai? Ti ha turbato qualcosa?»

Non mi chiesi neanche che cosa ci facesse quì ancora troppo impegnata a scacciare via quella sensazione.

Devo respirare. Devo stare calma.›

Mi accorsi della sua vicinanza solo quando mi sfiorò il viso.

Ebbi un sobbalzo.

«Stai tremando» Claus mi lasciò una carezza sul viso «sai?»

Non avrei mai pensato che una persona come lui potesse avere un tocco così leggero. Un tocco calmo, pacato. Quel tipo di carezza che era in grado di darti conforto. Sicurezza. Pace.

Mi domandò ancora «Che ti è successo?»

«Niente.»

«Non mentirmi.»

Stetti per abbassare lo sguardo ma lui me lo impedì.

Claus «Ho rischiato a venire quì, solo per poterti rivedere.»

Avevo udito bene?

«Che–..» venni interrotta «E anche perchè volevo assicurarmi di un certo fatto.»

La sua espressione seria non mi piacque.

«Hai detto qualcosa a mio fratello? Del tipo che ci vedevamo?» ‹Merda.› -che avrei dovuto dirgli adesso?-

«No. Davvero, no.»

«Mh...» socchiuse gli occhi, sorrise in modo storto «Liar.» pronunciò fra i denti.

«Co–..» «Bugiarda!» finì per gridarmi contro ed io indietregggiai «So che mi stai mentendo. Lo capisco quando mi mentono.»

«I-io non sapevo cosa fare...» cercai di giustificarmi.

Claus mosse la testa, guardò poi il soffitto e fece una smorfia «Oh, certo.» mosse le sopracciglia «Quindi mi staresti dicendo che gli hai raccontato tutto?»

Non risposi. Ero in ansia. Sentivo che non sarebbe finita affatto bene.

«Sai che cos'ho rischiato per venire quà?! Sono riuscito ad entrare, ma non so se riuscirò ad uscire!» quando ebbe finito di parlare ribaltò la sedia.

«Claus–..» «Zitta! Sta'-zitta.»

Iniziò a fare avanti e indietro.

«Tu mi hai tradito.» fermò improvvisamente il passo.

Mi appiccicai contro alla parete.

«Mi hai tradito!» si voltò con veemenza verso la mia figura «Sai che cosa ho fatto io per te?!»

«Come?»

«No, non lo sai! Figurati. Come potresti?» parlò da solo «Se solo ricordassi...» mise una mano a coprirgli il viso.

«Ricordare...?»

Scattò con lo sguardo su di me «Sì! Ricordare chi sei.»

Fece un passo verso di me ed io costeggiai il muro.

«Non puoi scappare.» mi ricordò «Non devi avere paura.» mi disse.

«Tu che cosa ne sai di chi sia io?»

Claus ghignò «Io so tutto di te, sei tu che non sai niente.»

Mi sta mentendo.›

Ne sei sicura?›

«Hai rimosso tutto.»

«Non capisco.» dissi io.

«Ti accorgi di non essere tu delle volte?»

«Ma che vuol dire?!» lo guardai.

«Non hai più mal di testa, ma vuoti di memoria. Vero?»

Mi accucciai per terra e misi i polsi sulle tempie «Tu cosa ne sai?»

«So come funziona.» rispose «Ma anche come funzioni tu.»

Ebbi una fitta.

Ogni volta, ogni qual volta che parlavo con lui, finiva così.

«La tua mente ti mente.»

No.›

Oh, sì.›

Claus si abbassò per arrivare alla mia altezza.

«Se vuoi ti dico due cose, mia cara–..»

Christian Jay (POV'S)

Il direttore non fece altro che strappar fogli e lanciare pezzi di carta dappertutto!

‹Lo hai fatto parecchio arrabbiare è?› -mi disse con divertimento.-

«Pannella?! Davvero hai chiamato lui? Proprio Pannella?!» ripeté per la decima volta.

«.» parlai «Proprio perch–..» «Proprio la prima persona che si batte per i diritti dei detenuti!»

Alzai la voce «Esatto, l'ho chiamato proprio per questo motivo!»

«E tutto per cosa?!» sbraitò «Per non far trasferire il detenuto 6 0 6?!»

«Sì. Tuo figlio!» alzai il tono di un'ottava.

Iniziò a fare avanti e indietro «Lo sai che se si mette a fare due controlli è la nostra rovina?»

«La tua rovina vorrai di–..» venni interrotto per l'ennesima volta «No! È anche la tua!»

«Sono disposto a pagare le conseguenze.» feci spallucce.

La sua solita calma e freddezza si era andata a far benedire.

«Ma ti rendi conto?!» continuò a gridare «Sarà una rovina. Uno sfacelo. Un–.. Un–.. Argh!»

«Perfetto.»

Scattò col viso verso di me «Come dici?»

«Non m'interessa. Sono stanco di tutto questo!»

Mi si avvicinò «Come dici? E di cosa?! Saresti stanco del fatto di non essere stato incarcerato anche tu?»

«N–..» «Ti saresti meritato il loro stesso trattamento!» continuò a parlare «Ti ho salvato e questo è il ringraziamento!»

Non mi trattenni più «Non te l'ho chiesto!»

Mi rancò il gomito.

«Come?»

Lo guardai, furente «Che cos'è che avresti fatto per me? Non hai fatto altro che rovinare tutto cercando di farmi diventare un essere disumano come te!»

Aveva già alzato il braccio per colpirmi. Ma io lo avevo fermato.

«Non sono più un ragazzino.» gli ringhiai contro «Non mi alzerai più le mani.»

Ci stavamo fronteggiando come mai prima d'ora.

Tirò via il braccio in modo brusco «Hai vinto, Christian.» disse «Aron non verrà trasferito. Complimenti. Sei contento?»

Non gli risposi, gli sorrisi soltanto, con mansuetudine.

L'ora dopo fui in giro per il carcere, nell'area delle celle d'isolamento. Il muro in cartongesso che avevo buttato giù era stato ricostruito oramai. ‹Ti sei preso una bella lavata di testa quello stesso giorno èh.› -mi disse, sì, e ancora me la ricordavo bene.-

Mi venne in mente il comportamento che aveva avuto Taylor quel giorno, era stato così... ‹Inquietante?› -mi suggerì.-

Smisi di rimuginarci troppo su e tornai nell'androne principale.

Aron mi venne in contro «Christian hai visto Taylor?»

Pèrchè mi stava ponendo questa domanda?

«No.» risposi.

«Sono due giorni che non si vede.» ‹Come?›

Lo guardai stranito «In che senso? Com'è possibile?»

«E io che cosa ne so?!» mi stava guardando come per dire: 'ti sembro un tracciatore di persone'?

Mi guardai attorno.

«Dobbiamo trovarla.»

Aron Jhones (POV'S)

Stava iniziando a piovigginare, erano 2h che la stavamo cercando. Sembrava essere scomparsa nel nulla.

-Mi venne un lampo di genio ‹E se fosse...›

Corsi nella parte più remota del cortile.

Attraversato il passaggio mi ritrovai nel giardino dell'area vecchia. E la vidi. Se ne stava lì, seduta sulla fontana, ad osservare il nulla. Non sembrò accorgersi della mia presenza dietro di lei.

Quando fui abbastanza vicino la chiamai «Taylo–..» non terminai di dire il suo nome.

Che le è successo?› -rimasi interdetto.-

Aveva dei tagli sulle mani. Le unghie erano sporche di terra, e non solo, persino i vestiti.

Mi posizionai proprio davanti a lei «Che cosa ti è succe–..» la sua figura mi fu chiara.

Lo sguardo mi ricadde in seguito sulla superficie della fontana, era macchiato di sangue.

«Stai sanguinando?!»

La guardai meglio in viso, sangue secco le colorava la fronte.

«Che cazzo–..» ‹Sta ridacchiando?› -fui totalmente spesato.-

Appena la smise disse «Non ti sa di déjàvu tutto questo?»

«Di che stai parlando?»

«Il posto... La pioggia...» capiì a cosa si riferisse.

Le toccai la spalla «Che ca–..» il suo sguardo scattò nel mio «–..Zzo.»

Cos'è questo sguardo... morto?›

Il bagliore nei suoi occhi non era presente. Erano cupi, grigi, diversi da com'erano prima. Spenti. Non trasmettevano niente. Mi parve di osservare anziché un paio di occhi semplicemente un guscio vuoto.

Scossi la testa «Si può sapere che ti è successo?! Che cosa ci fai quì?! Dov'eri andata a finire?! Che–..» «Abbassa la voce.» si toccò la testa «Ti prego.»

Sbattei le palpebre «Si può sapere cosa cazzo ti è successo?!»

Si premette le tempie «Quante domande...»

Ebbi la sensazione di parlare con qualcun'altro.

Continuai a domandare «E questo sangue?»

«È il mio.»

«Lo avevo capito! E com'è successo?»

«Ho sbattuto la testa per un po' di troppe volte mi sa.» se la rise.

Mi-sta-prendendo-in-giro?›

«Ma come sarebbe a dire?!»

Si toccò la fronte. Premette forte. Si alzò in piedi all'improvviso, mi fece quasi sussultare, non me l'ero aspettato. Si inginocchiò.

«Che stai facendo?»

«Stanno ricominciando.» rispose.

Appoggiò entrambe le mani sulla superficie in pietra e tirò indietro la testa.

«Che vuoi cercare di fare?!»

«Solo così mi può passare...»

In un attimo, capiì.

La rancai per le spalle «Non ci picchierai ancora la testa!» le tenni la fronte.

«Lasciami!» si dimenò.

La tirai su di forza «Che cosa credi di fare?! Sei forse impazzita?!»

«Lasciami ho detto!» urlò più forte.

Ribattetti «Non ci penso neanche!»

Riusciì a tirarla via da lì.

«Aaaaaah!» si lamentò.

La lasciai andare e lei finì in ginocchio, si tenne forte la nuca, mise la faccia nella terra. Mi accucciai subito affianco a lei e le impediì di fare qualche mossa avventata.

Continuò ad urlare. Con disperazione.

«Taylor...»

«Ti prego fallo smettere, fallo smettere, fallo smettere, fallo smettere, fallo smettere, fallo smettere! Ti pregoooo!»

La strinsi forte fra le braccia.

«Sssh...»

Nonostante si stesse dimenando, mi stesse graffiando, non la lasciai andare, non mollai la presa. Rimasi con lei. Al suo fianco.

Lasciai che crollasse su di me, scelsi di reggere quel suo crollo. Fui l'ultima colonna reggente del suo sgretolamento. Un ripiano su cui poter far cadere le sue macerie. Che siano state costituite da diverse dimensioni, di qualsiasi pietra si sarebbe potuta trattatare, non avrebbe avuto benché minima importanza. La loro pesantezza non mi avrebbe di certo fatto paura.

Io, ch'ero non altro che un uomo portatore di distruzioni stavo tenendo fra le mani qualcosa di distrutto col tentativo di tenerlo insieme. Che ironia.

Non seppi quanto tempo passò, seppi solo che ne passò.

Oramai di pioggia eravamo zuppi.

«Sarebbe meglio andarcene da quì.» le dissi.

Non rispose. Si aggrappò a me.

Non mi piace la sensazione calda che sto provando.› -mi dissi, perchè da sempre ero stato abituato al gelo.-

La scostai e senza dirle niente le presi la mano fino a che non raggiunsimo l'infermeria.

Finalmente disse qualcosa «Voglio dormire.»

«Hai bisogno di medicazioni, non credi?» la ripresi.

Se ne restò zitta, si sedette sul lettino. Non fece altro che guardarmi.

«Sembri così diverso...»

Non risposi al suo commento.

-Mi guardai attorno- ‹Quello stupidissimo medico non è mai in studio!› -sbuffai in seguito.-

Era notte fonda, saranno state le 02:00 del mattino.

Presi un paio di cose e le posizionai accanto a lei. Presi in seguito il dischetto in mano, le scostai i ciuffi dalla fronte, il mio sguardo ricadde nel suo.

Se mi guarda così...›

‹Cosa?›

‹Non ci riesco.›

Distolsi gli occhi dai suoi per un momento.

«Tutto ok–..» «Fai silenzio!» la feci sobbalzare «Mi deconcentri!»

Le sue guance si tinsero di un color porpora. Perchè adesso doveva mettersi ad arrossire maledizione?

Sbuffai sonoramente.

Cercai di non guardarla negli occhi e le tamponai la fronte.

Le domandai «Che cosa ci facevi in quel posto?»

Ci mise quasi un minuto a rispondermi.

«Cercavo pace.»

Perchè tutto questo non mi convince?

Quando ebbi fatto si sdraiò. Feci per rimettermi in piedi, ma lei me lo impediì. Le lanciai un certo sguardo che però non le fece lasciare la presa.

«Grazie...»

Ci fu silenzio i minuti seguenti.

Quando i miei occhi fecero ritorno sulla sua figura notai che si fosse addormentata. Sembrò così calma, pacata alla vista, che quasi non mi parve la stessa persona di qualche ora prima. Ora stava bene. Potevo andarmene. Mi alzai, ma fui bloccato, la sua mano teneva ancora saldamente il tessuto della mia felpa.

Si rigirò nel letto «Rimani.» sussurrò a fior di labbra.

Rimasi immobile per qualche attimo non sapendo come realmente agire, ma alla fine l'accontentai. Mi misi più comodo, col suo respiro a farmi da ninna nanna, e col mio braccio a farle da cuscino.

Mi è troppo vicina.› -pensai- ‹Ad un respiro.-

Il suo viso era accarezzato dalla luce lunare. E mi sembrò di star guardando un angelo. Un angelo cullato dalle braccia di un demone. Lei, ora così quieta, proprio vicino ad un essere come me ch'era sempre stato tutto il contrario. Una tempesta infestata dai suoi fantasmi. Un'anima vagante che percorreva i gironi da lui creati. E mai avrei voluto tirarla giù dal suo paradiso per trascinarla nel mio inferno. Mai. O forse, era proprio lei a farlo? Perchè mai era stato così caldo e piacevole l'inferno, solo freddo, e senza luci, mentre adesso...

Serrai gli occhi.

Decisi di rimanere così per un po' per poi potermene andare via, scappare, fuggire, da tutte queste sensazioni e da questi strani pensieri allucinogeni.

Christian Jay (POV'S)

«Non bastava la scomparsa di Taylor, no! Ora pure Aron non c'è da nessuna parte! Ma com'è possibile?» parlai da solo.

Stavo percorrendo il corridoio che poi avrebbe portato all'infermeria. Avevo bisogno di un'aspirina, mi stava scoppiando la testa!

Quando apriì la porta accesi la luce. Ci mise qualche attimo ad accendersi.

«Macché...?!»

«Spegni 'sta luce del cazzo.» mugugnò Aron.

Non potevo crederci. Che cosa ci facevano qui assieme?!

Gli dissi «Che cosa sta succedendo quì?!»

Sbuffò ‹Osa pure sbuffare?› «Non urlare cazzo!»

«La smetti di usare questa parole come se fosse la tua preferita? No perchè inizio ad avere dei dubbi sul tuo orientamento sessuale così.» volli tirargli una battuta.

Non mi sembra proprio il momento adatto.›

‹Sì, hai ragione.›

Si tirò su col busto, il suo movimento sembrò dare fastidio al sonno di Taylor dato che se ne lamentò.

«Dove diavolo era?»

«Nascosta.» si mise poi seduto.

Feci una smorfia «Comunque potevi evitare...»

«Cosa?» disse in modo scocciato «È?»

«Questo!» indicai con le braccia.

Aron ebbe un'espressione infastidita «Perchè indichi me e lei? Dacci un taglio.»

«Ti sembrava il caso di metterti a dormire con lei mentre io non sapevo che l'avessi trovata?»

Si alzò in piedi.

«Non mi mollava.» tagliò corto.

Mi pasticciai la faccia, non potevo crederci!

Tornai poi con lo sguardo su di lui, la stava osservando in un modo... ‹No, aspe'.› -scossi la testa.- «Non dirmelo.» dissi in seguito.

Puntò lo sguardo su di me «Cosa?» parve davvero non sapere di che cosa stessi parlando.

«Non ci credo. Non dirmelo.»

«Ma che cosa!» agitò la mani «E spegni la luce!» mi intimò.

Alla fine, così feci.

Le lanciai un'occhiata e poi mi misi a guardare lui.

«Non pensavo che potesse essere possibile...» parlai.

Inarcò un sopracciglio «Non capisco dove tu voglia andare a parare, quindi vedi di spiegarti.»

Stava dicendo sul serio?

«Non capisco se tu lo faccia apposto o se non ci arrivi.» incrociai le braccia.

«Ma a che cosa!»

Davvero non riusciva a capirlo?

«Che ci tieni.»

Alzò entrambe le sopracciglia. Si mise a sghignazzare.

«E 'sta stronzata da dove l'avresti tirata fuori scusa?»

Mi armai di tutta la pazienza che possedevo «Dal modo in cui la guardi

Rise più forte «Cazzate!»

Rimasi serio e da quì capì che non stessi scherzando affatto.

«Io me ne vado.» annunciò.

«È inutile scappare.» gli feci presente «Perchè non puoi.»

Aron sbraitò «Io non scappo mai!»

«Ah no?» mi posizionai davanti a lui ,non lo lasciai passare «Dai sentimenti sei sempre scappato.»

Taylor Vega (POV'S)

La testa ancora mi doleva.

Sentiì che qualcuno stesse discutendo, chi poteva essere? E dove mi trovavo? Tastai con le dita io tessuto sotto la mia schiena. Non sembrò affatto il mio letto.

«Cazzate! Stronzate! Puttanate!» Aron?

«Sai che ho ragione. O no?» e Christian?

Senza fargli notare che fossi sveglia schiusi leggermente gli occhi, mi assicurai che fossero loro. Perchè stavano litigando?

In quell'istante non ricordai subito che cosa fosse accaduto nelle ultime ore.

Oh, mia cara... Appena lo farai ricomincerai ad impazzire.›

Christian gli disse «Perchè non lo ammetti maledizione?!»

«Ma ammettere che cosa!»

«Che ci tieni. Che ne sei inn–..» ‹Che?› «Non t'azzardare a dirlo!» lo puntò Aron.

Christian scosse la testa «È ciò che è.»

«Non me ne frega un cazzo di quella!» mi indicò col dito.

Era così? Non gli importava?

«Cerca di ammettere i tuoi sentimenti.» Sentimenti?«Cerca di tenerti buona l'unica persona che dopo tutto ciò che le fai passare ti 'sta comunque appresso!»

Aron ribatté «E chi glielo ha mai chiesto?!»

«Ooh, ma smettila!» gesticolò.

Sbuffò una risata in risposta a ciò che disse «Smettere di fare cosa?»

«Di dire minchiate! Di fuggire!»

«Aah, ma basta!» sembrò perdere sempre di più le staffe.

«Ti dà fastidio la verità?»

«Ma quale verità!»

«Che te ne sei innamorato!»

Il mio cuore mancò di un battito.

I-innamorato?›

Aron si mise a ridere con perfidia.

«Cosa? Quella parola neanche esiste nel mio vocabolario.» disse «Se fosse stato per me l'avrei lasciata lì. Peccato che mi abbia fatto pena...» ‹Pena?› «Avresti dovuto vederla! C'era da ridere, sul serio.» ‹Da ridere?› «Di quelle come lei sai che cosa me ne faccio? Niente!» ‹Quelle come me?› «Non potrei mai esserlo. Mai!»

Christian cercò di riprenderlo «Aro–..» «E poi delle spalle deboli come le sue non potrebbero mai reggere un peso come il mio!» e prima che potesse ribattere qualcosa aggiunse «Anche se morisse non mi farebbe né caldo né freddo. Hai capito?»

Qualcosa dentro le mie ossa mi lacerò, mi punse le la carne, mi bucò il petto, mi trafisse le sinapsi.

E quel che si ruppe produsse un suono sordo. Un rumore muto. Un muto dolore. Un dolore che sapeva di cenere, di fine, di morte. La morte di ogni mio battito.