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CRESCERE NEL CRIMINE

Ragazzi e ragazze, tutti rinchiusi nello stesso lurido posto. Vittime delle loro azioni. Vittime di ciò con cui si sono macchiati. Vittime di chi li ha cresciuti. Ma soprattutto, vittime di loro stessi. Quando sei vittima di te stesso non puoi correre da nessuna parte. Solo imparando ad affrontare la realtà, solo così, potrai dire di essere veramente libero. Ma ci si può liberare della propria mente? Non potrai mai sentirti libero se prima non impari a convivere con quel che hai fatto pagandone le conseguenze. Alcune cicatrici è difficile guarirle. Dipende dove te le porti, se nel corpo, o nella mente. I pensieri fanno male, logorano. Le azioni ne conseguono. Ma quando ti ritrovi in un posto dove quel che hai fatto ti viene messo tutto su un tavolo, non puoi non guardare in faccia la realtà. Così impari a conviverci h 24, rimanendo solo tu coi tuoi pensieri perenni. Loro verranno uniti da una sola cosa, ovvero, una cella fredda ed un pavimento polveroso dove parlare dei loro maledetti problemi. E questa, è la loro storia... Lui, per lei è come una calamita Lei, per lui è la persona sbagliata. Lui, è la tempesta. Lei, è la calma. Lui, è la persona da cui vorresti stare lontano. Lei, è la persona a cui vorresti stare affianco. Lei, è cresciuta volendo pensare al futuro. Lui, è cresciuto restando intrappolato nel passato. Lei, angelo dannato in cerca di emozione. Lui, demone disperato in cerca di pace. Lei, vittima del pericolo. Lui, vittima del crimine. ⏩©copyright,tutti i diritti riservati sequel: "VIVERE NEL PERICOLO". STORIA COMPLETATA⏪

thestories01 · 现实
分數不夠
66 Chs

VIII° trenta minuti di libertà

Taylor Vega (POV'S)

Erano trascorsi tre giorni.

Il tempo quì sembrava non passare mai e tutte le giornate erano dannatamente uguali.

«4 0 1, è ora di andare a mensa.» la guardia aprì la cella.

Mi alzai e la seguiì. Stavamo camminando nel più completo silenzio.

Glielo chiedo o non glielo chiedo?› -continuai a ripetermi.- E poi non seppi più trattenermi «Christian?»

Questo si fermò bruscamente «Come prego?»

«Ho chiesto di Chr–..» m'interruppe «Ho sentito!» poi mi disse «Sei solo una detenuta e non ti devo spiegazioni, porta rispetto!»

Mi arrabbiai ‹Perchè quà dentro devono essere tutti stronzi?!› -mi venne da chiedermi.- «Rispetto per cosa? Perchè ho posto una semplice domanda?!»

Mi prese per il braccio e mi riportò in dietro.

«Tu oggi starai quì!»

Dopo che mi ebbe fatta rientrare sbatté la porta della cella e se ne andò via!

Mi attaccai alle sbarre laterali e gli gridai a dietro «Benissimo! Tanto non avevo fame, non me ne può fregare niente!»

Purtroppo se n'era già andato e non mi aveva potuta sentire.

E meno male!›

‹Ma meno male cosa?!›

‹Dovresti darti una calmata.›

‹Una calmata?›

«Cosa diavolo è 'sto baccano?» disse qualcuno.

Mi riavvicinai alle sbarre mettendo fuori il naso.

«Ah, allora eri tu.» continuò a parlarmi. ‹Ma chi è?› -non riuscivo a capire.-

«Dove sei?»

«Quì!» notai che stesse sventolando la mano.

Mi spostai mettendomi al lato destro della porta, così da poterla avere più o meno davanti.

Io la salutai e lei ricambiò dicendo «Heilà!»

Mi avvicinai di più alle sbarre e misi le mani attorno ad esse. Non riuscivo a vederla bene! Non avevamo mai conversato prima d'ora e non pensavo neanche che si trovasse lì.

«Sei tu che gridavi?» mi chiese.

«Sì–..» «Per una stupida domanda oggi ti fanno saltare il pasto?» poi aggiunse «Ho sentito tutto.» -‹Ah ecco.› -commentai nella mia testa.-

Così le chiesi «E tu cos'hai fatto per rimanere quì?»

Mise entrambe le braccia a penzoloni fuori dalle sbarre «Oh, no. A me devono ancora venire a prendermi.»

Udimmo dei passi.

«Barret, sei ancora quì?»

Ecco l'idiota di prima.› -mi dissi.-

Poco dopo mi riscossi. L'aveva chiamata per cognome?

Lei «Be', per forza.» gli rispose divertita.

«Metti dentro le braccia!» poi si rivolse a me «E tu allontanati dalle sbarre!»

Le aprì la cella.

La prima cosa che notai di lei furono le sue treccie dorate, era davvero bella. Mi guardò e mi fece un sorriso d'intesa.

«Sai? Oggi non ho fame.»

Che ha in mente di fare?›

La guardia «Lo sai benissimo che devi comun–.. Aih!»

Gli aveva pestato un piede?!

Si mise a saltellare, non potetti fare altro che mettermi a ridere! Mentre si lamentava imprecò contro di noi.

Appena si mise dritto le disse «Bene, visto che oggi volete fare le stronze ve ne starete quì a farvi compagnia!»

Dopo averla fatta rientrare sbatté la porta. Cos'era, una mania? Se ne andò via con un diavolo per capello.

«Incredibile!» mi misi a ridere.

Mi piace questa ragazza.›

Mise le mani sulle sbarre e poi si mise a sussurrare, quasi come se fosse un segreto «Lo sai cos'è ancora più incredibile?»

«No, cosa?»

Scomparve dalla mia vista. Dov'era finita? Era sparita dietro la porta, non riuscivo a vedere cosa stesse facendo. La sentiì smanettare con qualcosa e poco dopo si udì un clack.

La aprì.

Sbarrai gli occhi «Ma come hai fatto?!»Non è possibile!› -continuai ad essere esterrefatta.-

Si avvicinò alla mia porta «Non è così difficile in realtà, queste serrature sono davvero vecchie. È facile forzarle.» la sentiì infilare qualcosa nella serratura «Non funziona sempre, però...»

*clack*

«A volte sì!»

Si udì un cigolio. Tirò la porta verso di sé, spalancandola. Non avevo idea di quale fosse la mia espressione in quel momento. Invece di saltare dalla pazza gioia rimasi dov'ero, ancora non mi sembrava vero! Mi appoggiai con la mano allo stipite e misi fuori la testa. Il corridoio era vuoto.

Lei «Andiamo, non abbiamo chissà quanto tempo.»

Mi prese per mano, ci misimo a correre!

«Dove stiamo andando?»

«A fare un giro!»

Mi sembrò di tornare bambina.

Come quando ti trovavi a scuola e con una scusa chiedevi al professore di andare in bagno, quando poi in realtà uscivi dalla classe per ritrovarti con l'amica solo per fare una scappatella alle macchinette sperando che nessuno vi beccasse! La situazione attuale era la stessa. A parte per il fatto che anziché trovarmi in un corridoio attorniato da colori, dai disegni dei bambini, da grandi finestre e da porte in legno d'acero, vedevo solo del grigio e delle porte fatte di metallo.

L'unica particolarità che aveva questo corridoio erano l'umidità e la polvere, per il resto, questo luogo non aveva nulla di bello da raccontare. Non era filtrato dalla luce, non sapeva di pulito o di risate. Sapeva solamente di anni passati con la malinconia, la rabbia ed il senso di colpa che ti logoravano.

L'aria che tirava quì non era minimamente paragonabile a quella di una scuola pubblica. La politica, di per sé, però era quasi la stessa.

Bastava pensarla come se fosse un "secondo stadio" della scuola, quella per adulti. Un scuola che anziché inserti nella società pensava a reinserirti. Era una sottospecie di scuola vecchio stile, come quelle degli anni cinquanta, coi classici professori che ti bacchettavano le mani col righello di ferro appena facevi qualcosa che non gli stava bene. L'unica cosa che non era assolutamente paragonabile fra i due luoghi era l'ansia di essere beccate. Perchè non si sarebbero mai fermati ad un solo richiamo, ad una nota scritta nel registro di classe oppure ad usare quel famoso righello. Loro avrebbero usato direttamente il manganello e sicuramente non ce lo avrebbero tirato solo sulle mani.

«Ferma

Mi riscossi, non capiì «Che c–..» «Sh!» ‹Ma che ha adesso?›

Mi fece segno di stare zitta. Tesi l'orecchio, si udirono dei passi. Iniziai a sudare. Ci stavano per scoprire? Come li avevo uditi avvicinarsi poi si allontarono. Tirai un lungo respiro di sollievo.

Lei «Dai, abbiamo solo mezz'ora, muoviamoci.»

Stando attente alla fine riuscimmo a raggiungere la nostra meta.

Appena aprì la porta ci nascosimo dietro le panchine, sotto il tavolo. Sembravamo proprio due bambine.

Si accese una sigaretta fatta a mano e poi mi disse «Allora? Non è divertente?»Per lei sarebbe divertente poter essere beccate e poi squoiate?› -mi chiesi sarcasticamente, ma poi lasciai stare.-

«Bé, sì lo è.» concordai alla fine mettendomi a ridacchiare.

Poi mi porse la mano «Ambra.»

«È un piacere, io sono Taylor.» gliela strinsi.

Quella mezz'ora passò davvero in fretta.

Appena terminò di fumare uscì da sotto il tavolo ed io feci lo stesso.

Per fortuna non c'era nessuno nei dintorni. Non avrei mai potuto immaginare quello che ci avrebbero fatto passare se ci avessero scoperte!

Dopo che ebbe spento la tabaccata nel posacenere mi fece segno di seguirla e così feci. Percorsimo la strada al contrario stando sempre attente a non essere beccate.

Eravamo arrivate.

«Allora ci vediamo.»

«È stato un piacere!»

Ci rinfilammo dentro le nostre celle.

Per fortuna ci è andata bene.›

Dopo averla salutata con la mano mi misi nel letto, solo quello avrei potuto fare.

6h

Era sera ormai.

Qualcuno venne ad aprirmi la cella. Sperai vivamente che non fosse qualche altra odiosa guardia, non avrei potuto sopportarla!

Spalancò la porta. ‹Come non detto.› -pensai con rammarico.-

Mi portò a mensa ed io mi sedetti da sola come mio solito.

L'ora di cena era quasi terminata, mentre gli altri erano già in piedi io ero ancora seduta quì.

La pace? No, quì non poteva esistere.

«Taylor.»

Mi aveva davvero chiamata per nome?

Christian «Hai–..» lo interruppi «Dov'eri finito?» gli chiesi curiosa.

Mi guardò in modo serio, che gli prendeva? «Non siamo le vostre guardie del corpo personali, non ti devo alcuna spiegazione.»

Rimasi interdetta dal tono che aveva usato «Oh, okay.»

Lui ricominciò a parlare «Hai una visita.»

Spalancai gli occhi «Una visita... io.»

«Sì, tu.»

Allora gli chiesi «E di chi si tratta?»

«È tua madre.»

Mi pietrificai.

Mia madre...› -mi ripetei per cercare di metabolizzare.-

Non seppi che pensare, cosa le avrei potuto dire?

Tutte le speranze con cui mi ero consumata, se mai fosse venuta a trovarmi, improvvisamente si tramutarono in paure.

Christian «Allora, vuoi vederla?»

Volevo vederla? Non lo sapevo con esattezza. Se era giunta sin quì un motivo c'era, no? Voleva vedermi ed io non avevo fatto che aspettare nient'altro!

Alla fine mi alzai dal tavolo per seguirlo.

Tirò fuori le manette, mi allarmai.

...FLASHBACK...

Ho le mani completamente sporche di sangue.

Te la ricordi questa sensazione?› -mi parla.-

Scuoto la testa, che diavolo voleva insinuare?!

«T-Taylor...»

Sposto lo sguardo su mia mamma.

È spiaccicata contro al frigorifero. Sta osservando la scena davanti a sé, con la poca luce che c'è non riesco a scorgere i suoi occhi nel semibuio. Alla fine sposta lo sguardo su di me, come se l'avessi appena chiamata.

Non riesco a capire a cosa stia pensando. Vedo solo la paura nei suoi occhi.

«Mamma...» dico in un fil di voce.

*oouuwiiouuwiio*

Perchè la polizia è già quì?!›

Odo dei passi.

*toc toc toc toc*

Li sento dire con voce ovattata «Aprite! I vicini ci hanno chiamato dicendo che quà stava accadendo qualcosa. Signora, sta bene? Le ha fatto del male?»

Loro non sanno ancora niente.›

‹Ma presto lo sapranno.›

*toc toc toc toc toc toc toc*

«Stiamo per sfondare la porta!»

No.› -non faccio altro che pensare a questo, anche se non riesco ad urlarlo.-

Mia mamma fa un passo, sto per muovermi ma mi ferma. La guardo mentre lei non mi degna neanche di un'occhiata.

S'incammina verso la porta con un'espressione stampata sul volto che non sono riuscita a comprendere.

Che mi sarebbe accaduto adesso?!›

...FINE FLASHBACK...

Non voglio farmi vedere da mia madre come una criminale.› -tremai al solo pensiero- ‹Come quella volta...›

Capì il mio sconforto e parlò, senza che io gli dicessi niente «È la procedura. Ci dirigiamo all'infuori da questo... "reparto", chiamiamolo così. Quindi devo per forza portartici in manette. Non fare storie perfavore.»

Annuiì solamente.

‹Non voglio.›

Smettila! Contieniti!› -allora, feci un respiro profondo.-

Dopo che gli ebbi porso entrambi i polsi lui me le mise.

Christian «Sei pronta?»

Feci sì con la testa come un'automa.

Presimo a camminare, arrivati davanti ad una specie di cancello lui diede l'ordine di aprire le sbarre. Conobbi un corridoio tutto nuovo! Sembrava non fare neanche parte della prigione!

Svoltammo e percorsi un paio di metri di fianco a me si presentò una porta blindata. Cosa faceva quì una porta blindata e chi c'era dentro? Sembrava esserci una persona importante dietro di essa. Da questa porta provenirono delle urla, urla di qualcuno che aveva una voce profonda e minacciosa. Non riusciì a capire.

Rallentai il passo nell'osservarla.

Il mio scortatore si fermò di botto, come se volesse sentire anche lui.

Qualcuno tirò giù la maniglia, non spalancò la porta però, rimase semplicemente socchiusa. Alla fine venne aperta il giusto per riuscire ad udire le parole del signore che stava gridando.

«Verrà trasferito e fino ad allora deve restare chiuso là dentro!» ‹Cos'ho appena udito?› «Ora andate pure da lui per dargli qualcosa da mangiare, giusto per non farlo morire di fame.»

«Non vuole mangiare.» gli disse il tizio dietro alla porta.

Questo «Allora prendere un imbuto e fateglielo ingurgitare!»

«Sì signore.» rispose qualcun'altro.

Poi questo disse ancora «Non voglio che muoia per la fame, ma solo nel caso di pugni e calci!»Non può dire una cosa del genere.› -questo pensiero sembrò essere stato partorito dal mio stomaco per quanto mi fece male mentre lo pensai.-

Tutto ciò perchè sapevo perfettamente di chi stessero parlando, me lo diceva il mio istinto, anche se sperai di essere in errore.

La porta venne spalancata del tutto!

Appena ci vide salutò «Oh, ciao Christian.»

«Steven.» ‹Sbaglio o c'è una "certa aria"?› -pensai.-

Il ragazzo dai capelli mori poi mi vide «Hey e questa bella ragazzina chi è?» fece un sorriso sghembo.

Christian mi mise dietro di lui con fare protettivo «La sto scortando da chi le vuole far visita, quindi se non ti dispiace...»

Questo Steven «Mica ti mangio è?» si rivolse ancora a me anziché ascoltare ciò che gli stava dicendo Christian. ‹Ma cosa vuole da me?!› -mi chiesi, non mi piaceva per niente come mi stava guardando.-

«I-o...» balbettai.

Diede uno sguardo a quello che stava di fianco a lui e poi fece un passo verso di me «Non sei niente male, davvero. Sei nuova?» stava veramente cercando di flirtare facendo finta di non vedere chi ci fosse davanti a me?!

Christian mi si parò completamente davanti «Ricorda la storia del territorio...» ‹La storia del territorio? Che storia?› -mi domandai nella mia mente.-

Notai che il tizio aveva cambiato espressione «Senti–..» non lo fece terminare «Andiamo.» disse.

Mi mise una mano attorno al braccio e mi tirò via.

Percorsimo questo corridoio, la sua mano era ancora ancorata al mio braccio. Perchè non mi mollava? Sembrò nervoso e sovrappensiero.

Anziché lasciarmi non fece altro che stringere di più, mi stava facendo male! Mi lamentai. Provai a dirglielo ma continuava a non rivolgermi il minimo sguardo!

Così mi feci sentire «Christian!»

Fermò la camminata di botto.

«Cosa cazzo c'è?!» ‹Mi ha appena urlato in faccia?› -m'innervosiì all'istante!-

«Mi stai facendo male.» lo guardai in cagnesco.

Mi mollò in malo modo e poi ricominciò a camminare senza neanche aspettarmi!

Riesce a darti sicurezza quanto a fartele girare 'sto ragazzo!›