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CRESCERE NEL CRIMINE

Ragazzi e ragazze, tutti rinchiusi nello stesso lurido posto. Vittime delle loro azioni. Vittime di ciò con cui si sono macchiati. Vittime di chi li ha cresciuti. Ma soprattutto, vittime di loro stessi. Quando sei vittima di te stesso non puoi correre da nessuna parte. Solo imparando ad affrontare la realtà, solo così, potrai dire di essere veramente libero. Ma ci si può liberare della propria mente? Non potrai mai sentirti libero se prima non impari a convivere con quel che hai fatto pagandone le conseguenze. Alcune cicatrici è difficile guarirle. Dipende dove te le porti, se nel corpo, o nella mente. I pensieri fanno male, logorano. Le azioni ne conseguono. Ma quando ti ritrovi in un posto dove quel che hai fatto ti viene messo tutto su un tavolo, non puoi non guardare in faccia la realtà. Così impari a conviverci h 24, rimanendo solo tu coi tuoi pensieri perenni. Loro verranno uniti da una sola cosa, ovvero, una cella fredda ed un pavimento polveroso dove parlare dei loro maledetti problemi. E questa, è la loro storia... Lui, per lei è come una calamita Lei, per lui è la persona sbagliata. Lui, è la tempesta. Lei, è la calma. Lui, è la persona da cui vorresti stare lontano. Lei, è la persona a cui vorresti stare affianco. Lei, è cresciuta volendo pensare al futuro. Lui, è cresciuto restando intrappolato nel passato. Lei, angelo dannato in cerca di emozione. Lui, demone disperato in cerca di pace. Lei, vittima del pericolo. Lui, vittima del crimine. ⏩©copyright,tutti i diritti riservati sequel: "VIVERE NEL PERICOLO". STORIA COMPLETATA⏪

thestories01 · 現実
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66 Chs

XII° colore del blu e colore del rosso

Allungò il braccio e con uno scatto afferrò ciò che gli aveva messo davanti.

Aron «Sparisci.»

Si allontanò dalla porta.

*deng*

Aveva richiuso lo sportello.

«Puoi smettere di fingere.» dissi con un fil di voce.

Appoggiò una mano contro la parete, probabilmente non riusciva più a tenersi in piedi.

Aron «Fingere?» sorrise.

«È meglio che tu ti sieda.» mi alzai per andare verso di egli.

Alzò la voce e mi disse «Non avvicinarti!»

«O-okay...»

Mi strinsi nelle le braccia.

Come mi dovrei comportare?›

Aron si trovava ancora lì.

Decisi di accucciarmi, stare in piedi o meno non avrebbe cambiato niente.

Come faccio a uscire?› -pensai poi.-

Tornai con lo sguardo su di lui, si era scostato dal muro.

Le sue pupille erano ferme, immobili. Fisse su ciò che stava tenendo nel palmo della mano. Non stava neanche sbattendo le palpebre.

«Ar-..» feci per richiamarlo, ma mi fermai.

Fece cadere il tutto sul pavimento.

Aron «Non ci penso nemmeno.» ‹Ma di cosa blatera? Sta parlando da solo?› -mi chiesi.-

Il mio sguardo ricadde su ciò che aveva gettato via.

Pillole?›

Alzò un piede.

No. Pillole... blu.›

Io «Aspe-..»

Pestò a terra, sbriciolandola.

Si scostò dal muro e si recò dalla parte opposta della stanza dove poi si sedette.

Rimasi ad osservare fissa ciò che si trovava sul pavimento. Mi alzai da terra e mi ci avvicinai.

«Sono pastiglie blu queste.»

Non mi diede una risposta.

Io «Come si chiamano?»

«Che cazzo ti–.. Ti frega, spiegami.» mi rispose in malo modo ma comunque con un tono apparentemente calmo.

«Quindi non sai-..» poi però mi fermai, cambiando la domanda «Perchè le prendi?» posai lo sguardo incredulo su di lui.

Ancora una volta, silenzio assoluto.

Mi dovrei voltare? Dovrei lasciar perdere? Gli rifaccio la domanda precedente?› -cominciarono a vorticarmi per la testa più domande tutte insieme.-

Non avevo idea di come muovermi.

Mi accucciai per dargli un'occhiata più da vicino. Era sbriciolata, sì, ma il colore era blu e non potetti esserne più che sicura.

Il pavimento era scuro quindi la particolarità del suo colore si notava ancor più chiaramente. Restai ferma ad osservarla.

Avrei voluto porgli davvero un sacco di domande.

Aron «Cosa stai facendo.» non ebbi ben capito se la sua fosse una domanda o che cosa.

«È blu.»

«Sono conte-nto che... tu non sia affe-tta... da tritanopia, ma ora–.. Smettila.» ‹Tritano... che?› -decisi di non fermarnici troppo su.-

Non capisco proprio il suo nervosismo.› -e non lo capivo davvero.- Lo guardai in seguito «Sai come si chiamano?»

«Si può sa–.. Sapere che te ne importa!?» ecco, la sua calma apparente era appena scivolata via dalla sua persona.

Dovetti insistere sulla questione «È che non so come si chiama...» e in seguito aggiunsi «Quindi vorrei saperlo. Mi serve saperlo.»

Decise di alzarsi di nuovo in piedi, probabilmente quando si innervosiva tutto quel suo male non lo sentiva più «Che bimba curiosa che sei.» era più scuro in volto, o era mia impressione?

Allora gli dissi «Che problema c'è?»

Aron «Il problema è il tuo interesse.»

«Aron,perf-..» «Basta domande!» alzò la voce e in seguito si tenne lo stomaco.

«Ma... perchè?»

Mi prese per il braccio «Perchè sì.»

Mi era dannatamente vicino.

Che avrei potuto dire o fare? Non lo sapevo proprio.

Aron «Ora... va-tti a sedere. E pensa a un modo p-per uscire–.. Da 'sta maledetta stanza. Così che tu–.. Possa lasci-armi... in pace.» si sforzò dannatamente per dire una frase così lunga ed io lo notai.

Si accostò alla parete.

Devo per forza farmi dire come si chiama.›

«Perchè non vuoi dirmi come si chiama?»

Lui «Devi piantarla.»

«Perchè te le rifilano?»

Si fiondò su di me!

Peccato che perse l'equilibrio e quindi ci ritrovammo entrambi in modo scomposto sul pavimento.

Notai che fra le mani teneva un lembo di stoffa della mia maglia, me l'aveva strappata?

Lo osservai dall'alto verso il basso.

Si tirò su coi gomiti e con fatica mi disse «Sta' zitta!»

Ma solamente io mi trovo in imbarazzo in questa posizione strana?› -dovetti chiedermi.- ‹Aah! Questa è l'ultima cosa di cui dovrei preoccuparmi!› -mi riscossi da sola.- «Aron...»

La sua mano si avvicinò al mio viso ma rimase a mezz'aria, la strinse poi in un pugno, ma alla fine l'allontanò «Prima che mi venga voglia di–.. Ucciderti, quì, ed ora, ti co-nviene pianta... rla.»

Non ce la feci più «M-mi stai... schiacciando.»

Si spostò come riuscì ed io usai i gomiti come appoggio per sottrarmi da quella situazione imbarazzante, ansiante e pure ridicola.

Non ci posso credere.› -continuai a dirmi mentre non capivo ancora come fossimo finiti in quel modo.-

Piegai una gamba e quasi lo colpì.

«Scusa!»

«Vedi di stare attenta.»

«Mica l'ho fatto apposta sai?»

Si rimise praticamente sdraiato ma il mio piede si trovava ancora sotto il suo braccio.

«Ti prego, levati!» mi si sarebbe rotto, me lo sentivo! ‹Come la fai drammatica...›

«E un attimo!»

Cercò di girarsi sul fianco.

Appena il peso si affievolì lo tirai via! Iniziai a massaggiarmi la caviglia, che poi la caduta sarebbe potuta essere stata molto più dolorosa. Avrei dovuto dire grazie a questo tipo di pavimentazione.

Cavolo, doveva proprio cadermi sulla pancia?!› -dopo che ne presi coscienza diventai paonazza!- ‹Ma aveva la faccia vicino a...- Le mani vicino a...-› In quel preciso istante mi sentii andare a fuoco, probabilmente non ero mai diventata così tanto rossa nei miei 18'anni di vita!

Aron «Che ti prende?»

Con una mossa da ninja mi ritrovai in piedi.

«Niente,io-.. A-alzati da lì comunque!»

Gli puntai il dito contro.

Ti devi calmare...›

‹Ma come faccio?! Me lo spieghi?!›

Aron «Non non ce la faccio ad alzarmi.» ammise tra i denti.

«Oh.»

Se a me aveva provocato così tanto male questa caduta non osavo pensare quanto ne avesse potuto fare a lui.

Gli porsi la mano «Lo so che non vuoi aiuto ma-..»

Me la strinse con mia grande sorpresa.

Ci misimo qualche minuto, ma alla fine riuscì a tirarsi su a sedere.

Rimasimo in silenzio.

La stava fissando.

Ci dovrei riprovare?›

«Aron.»

Non mi guardò «Cosa c'è Taylor.»

Gli dissi in modo cauto «Mi serve sapere come si chiama.»

Fece un lunghissimo sospiro.

Trascorse qualche minuto.

«'Retsulc.A'»

Me lo aveva detto sul serio?

Io poi feci una faccia stranita «Risulca?»

«No, Retsulc.A.» ripeté.

Ancora non riusciì bene a capire il nome «Rezulca?»

«No...» si spazientì palesemente «Retsulc.A!»

«Rezzulca.».

Lui quasi si schiaffò una mano in pieno volto «Ma lo fai app... osta?!»

«Certo che no!» gli risposi.

«Te lo ripeto per l'ultima volta.» prese una pausa «Il suo nome è 'Retsulc.A'.»

Non riusciì a tenere a freno la mia linguaccia.

«Perchè-..» «Smettila.» «La danno-..» «Ora basta.» «Ma tu-..» «Zitta!»

Il suo urlo risuonò in tutta la stanza. Mi stava guardando in modo veramente rabbioso.

Continuai a parlare «E che io vorrei capire...»

«Capire, cosa?!»

Si alzò da terra.

A quanto pareva la mia teoria sul fatto del dolore che tendeva a passargli durante l'incazzatura era alquanto corretta.

Venne verso di me a passo lento.

Aron «Non fai altro che–.. Fare domande.»

Indietreggiai.

«Dovresti imparare a comprendere quando parlare e quando non farlo.»

Si udì un tonfo, la sua mano si trovò contro la parete, alle mie spalle.

Ma parlai lo stesso «È che vorrei capire perchè le danno anche a te!»

«Maledetta impicc-..»

Si bloccò, si mise prontamente una mano sulla tempia.

Io «Aron?»

Iniziò a fare dei versi e mise entrambe la mani sulla nuca!

«Aron, stai bene?!»

Lui «N-non... ti avvicinare!»

Non seppi il perchè ma mi misi ad osservare la pastiglia per terra ormai completamente polverizzata.

Mi spostai.

Lo vidi continuare a lamentarsi e a contorcersi.

Cosa posso fare? Come mi dovrei muovere?› -iniziai a domandarmi.-

«Cazzo!»

Si diresse verso la parete, mise la mani sulla superficie di essa. Aveva intenzione di tirarci una testata?!

Mi fiondai su di lui!

Io «Fermo! Cosa credi di fare?!» lo presi per le spalle.

«Mollami!»

Mi spintonò ed io caddi col sedere per terra!

Quasi non feci in tempo ad alzare lo sguardo «Aron!»

Diede un forte colpo con la testa contro di essa!

«Che diavolo fai?! Smettila!»

Mi rialzai velocemente.

Perse l'equilibrio dopo che la tirò per la seconda volta.

Io «Basta!»

Mi riavvicinai a lui mantenendo comunque la distanza.

Gridò. Gridò forte. Continuò a lamentarsi, a divincolarsi. Non fece altro che premere più forte sulle tempie con entrambi le mani. Tirò la testa in dietro e colpì il muro. Ci rimase premuto contro con essa, ma poi iniziò a tirarsi i pugni da solo.

Lui «Cazzooo!»

Io rimasi immobile non sapendo come agire.

...FLASHBACK...

Mi sembra di impazzire!

Grido «Basta! Basta!»

Appoggio con impeto le mani contro la superficie fresca del muro.

Non ne posso più...›

Mi arriva un'altra fitta atroce dietro la nuca!

Perchè?!›

Picchio di nuovo la testa contro la maledetta parete che sta di fronte a me.

Perchè non mi passa?!›

Questo male atroce non mi lascia scampo, sembra trafiggermi l'intera spina dorsale.

Basta. Per favore!›

Ne tiro un'altra, un'altra e un'altra.

Non fa altro che picchiare, picchiare senza sosta!›

Mi raggomitolo per terra.

Non è mai durato così tanto cazzo!›

Riapro gli occhi che avevo tenuto serrati fino a questo momento.

Devo essere decisa...›

Ci vado contro con tutta la forza che posseggo!

Se svengo poi non potrà più farmi male. Giusto?›

Sento qualcosa colarmi sulla mano.

Non mi interessa se mi apro la testa.›

Ne tiro ancora una, con molta meno foga però. Starò per svenire?

Questo supplizio non lo riesco più a sopportare!›

Adesso oltre che al male mi è pure iniziata a girare.

Non mi passa! Non mi passa! Non mi passa!›

Mi tiro i capelli e inizio a tirarmi dei pugni sulla testa.

«Signorina!»

...FINE FLASHBACK...

Appena feci ritorno nel mondo reale notai che si fosse fermato.

...FLASHBACK...

«Ha preso la pastiglia?» mi chiede.

Non gli do retta. Non gli rispondo.

Fa così male da non lasciarmi alcuna possibilità nel formulare nemmeno una mezza risposta.

«Per favore, b-basta.» mi arriva l'ennesima fitta «Lo faccia smettere...» un'altra ancora «La prego!» il dolore non si ferma «Per favo-..»

Ne arriva una ancora più forte delle precedenti.

«Aaaaaaaaaaaaah!»

Uccidetemi, vi prego!› -penso più forte che mai.-

«Basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta» lo ripeto così tante volte che mi si secca la gola «bastaaaaaa!»

Perchè sono ancora in vita porca puttana?!›

«Presto tenetela ferma!»

Non riesco neanche a notare tutto il trambusto da cui sono attorniata.

Poco dopo tutto comincia a farsi meno nitido, più scuro.

Perdo i sensi col dolore a farmi da compagno.

Spalanco gli occhi.

«Oh, sei sveglia.» odo la voce del medico.

Mi tiro su a sedere.

Egli «Dovresti stare ferma, lo sai.»

«Che è sucesso? Dove mi trovo?» comincio a domandare.

Mi sorride «Ti abbiamo addormentata e poi fasciato la testa. Comunque, ti trovi in camera tua.»

In automatico mi tocco la fronte, sento la morbidezza della stoffa coi polpastrelli «Oh...» commento solamente.

Il suo sguardo si fa più duro «Non l'hai presa, vero?»

Abbasso la testa smettendo di guardarlo.

«No.» rispondo.

Volto il capo e sul mio comodino vedo la scatola con le pillole blu.

...FINE FLASHBACK...

«Avresti dovuto prenderla.»

Aron non mi guardò, però disse «Non metterti a rompermi i coglioni proprio adesso per favore...»

Si mise più comodo.

«Non avresti dovuto sbriciolarla, ma prenderla.» decisi di specificare il soggetto visto che a quanto pareva non aveva afferrato a cosa fosse rivolta la mia frase.

Fermò la mano a mezz'aria. Non potei notare la sua espressione visto che era rimasta coperta dal suo arto. Rimase immobile, non si mosse di una virgola. Era calato un silenzio tombale e l'aria in quel preciso istante si fece piuttosto pesante.

Aron «Come?»

Il suo tono di voce era pacato. Troppo pacato.

Questa, mia cara, è la calma che preannuncia la tempesta.›

Aron Jhones (POV'S)

Cos'ha appena detto la mocciosa?›

Visto che a quanto pareva sembrava non aver sentito la mia domanda gliela rifeci «Come hai detto?»

Tirai via la mano, così da poter avere la visuale della sua figura.

Taylor era seria in volto «Hai sentito ciò che ho detto.»

Fa anche la dura adesso?› -feci un sorrisetto sghembo- ‹Avrà bisogno di una lezione?›

Mi alzai in piedi, pur se a fatica. Mi diressi verso di lei. Misi giù un ginocchio, fregandomene del male che potessi provare.

«Non ti è bastato?» le chiesi in modo alquanto divertito.

Le andai ancora più faccia faccia ma lei non indietreggiò.

Taylor «Quelle pastiglie sono per i mal di testa atroci, non avresti dovu-..»

La afferrai per il collo della maglia, strinsi, e l'avvicinai al mio viso. Mise le sue mani attorno al mio polso. Cercò di tirare in dietro la testa senza riuscirci.

«Quelle pastiglie di me-rda... non fanno altro, che farti–.. Andare fuori di testa.» le feci presente.

Decise di ribattere ‹Quale errore...› «Non è così.»

«Ah no? E dimmi» fui costretto ad una pausa forzata «cos'è che farebbero?»

«Te l'ho detto. Sono per il mal di testa.» ne era davvero così convinta?

Quasi mi venne da ridere «Invece di–.. Parlare a spro-spro-posito e di rompermi i coglioni... Perchè non–.. Te ne vai al diavolo?»

Dopo aver detto questo la mollai in malo modo. Mi tirai su in piedi e mi voltai per tornare a sedermi dove mi trovavo prima.

Taylor «Non capisco proprio il tuo comportamento.»

Presi un lungo respiro e volsi lo sguardo al soffitto.

«Ahà...»

Mi girai di nuovo verso di lei.

Io «Devo ripeterti ancora che non devi rompere i-..» «Bene, allora rimani pure come sei!» alzò il tono di voce.

Ora mi ha proprio stancato.›

«Te lo ripeto. Non se-i la–.. Principessina del cazzo, che sal-va il... principe dannato e in agonia.» poi le urlai contro «Quindi adesso chiu-di quella bocca di me–.. Merda. Prima che lo faccia io!»E spero che l'abbia inteso.› -pensai mentre facevo ritorno al mio posto ancora una volta.-

«E chi vorrebbe salvarla una persona del genere?» le sue parole mi fermarono di botto.

Nonostante il dolore non potei fare a meno che mettermi a ridere «Oh, certo. Perdonami!» mi voltai in modo teatrale «Hai ragione. Chi lo vorrebbe sa–.. Salvare... uno schizofrenico che-che si me-tte a sba-tte-re la testa... contro, alla merda di parete?»

Si alzò in piedi «L'hai detto. È proprio così.»

Non feci quasi in tempo ad accorgermene che le mollai uno schiaffo! Fu solo un attimo, mi era partita la mano in modo automatico. Aveva il volto nascosto dai capelli, si stava tenendo la guancia appena colpita. Notai del sangue gocciolare. -Mi chiesi poi- ‹L'ho davvero colpita così forte?› -ma subito dopo pensai che se l'era meritato tutto.-

Decisi di dirle «Bene, vuoi fa-rti... ancora male? Accomodati pure! Non ho–.. Bisogno... dell'aiuto di una bambina. C-che no-n... non sa. N-nemmeno da che parte sia girata. Chi–.. E cosa pe-nsi di fare, o essere? Impara a rimanere zitta. E a-al tuo posto.» ebbi praticamente terminato tutto quel poco fiato che ero riuscito ad arraffare ma riusciì comunque a dirle ancora una cosa «Non cercare di riaggiustare proprio chi ti potrebbe distruggere.»

Udiì dei passi.

Chi cazzo è adesso?!›

Qualcuno provocò un gran frastuono e riuscì probabilmente a farlo picchiando il manganello contro la porta di metallo.

«Cos'e tutto questo baccano? Aspetta, non rispondere. Entrerò io direttamente per dare un'occhiata.» si trattava di Liamh.

La porta cominciò a scorrere.

Aah che rabbia, ma cosa mi tocca fare!› -pensai più che annoiato.-

La porta era ormai aperta.

Io gli dissi «Ciao testa di cazzo!»

Liamh appena fece la sua entrata, seguendo il suono della mia voce, fui la prima cosa su cui puntò gli occhi.

«Come hai detto scusa? Sai in che posizione ti trovi, sì?» mi fece presente come al suo solito.

Dovevo farlo allontanare dall'entrata!

«A parte quella del vostro sacco da box personale non mi viene in mente nulla.»

Sorrise sornione ‹Che faccia di merda che ha.› -pensai quasi disgustato.- «Ricordo però che il sacco da box l'avevamo tirato giù.» dopo aver detto questo venne verso di me.

Io ribattetti «E a quanto pare... n-niente può lasciarmi per terra.»

Oramai l'entrata era libera.

Lanciai un'occhiata dietro di lui e non la vidi più, l'unica cosa che notai furono i suoi capelli, anche se per un solo attimo. Era riuscita ad andarsene.

Liamh «Hai voglia proprio di-..»

*scrick*

«Cos'è stato questo strano rumore?»

Non feci in tempo a dissuaderlo usando il fatto che questo posto ormai fosse vecchio che fu già fuori dalla stanza.

«Liamh!» non feci in tempo a raggiungere la porta che già si era richiusa.

Quella stupida si è dovuta proprio far sentire!?›