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CRESCERE NEL CRIMINE

Ragazzi e ragazze, tutti rinchiusi nello stesso lurido posto. Vittime delle loro azioni. Vittime di ciò con cui si sono macchiati. Vittime di chi li ha cresciuti. Ma soprattutto, vittime di loro stessi. Quando sei vittima di te stesso non puoi correre da nessuna parte. Solo imparando ad affrontare la realtà, solo così, potrai dire di essere veramente libero. Ma ci si può liberare della propria mente? Non potrai mai sentirti libero se prima non impari a convivere con quel che hai fatto pagandone le conseguenze. Alcune cicatrici è difficile guarirle. Dipende dove te le porti, se nel corpo, o nella mente. I pensieri fanno male, logorano. Le azioni ne conseguono. Ma quando ti ritrovi in un posto dove quel che hai fatto ti viene messo tutto su un tavolo, non puoi non guardare in faccia la realtà. Così impari a conviverci h 24, rimanendo solo tu coi tuoi pensieri perenni. Loro verranno uniti da una sola cosa, ovvero, una cella fredda ed un pavimento polveroso dove parlare dei loro maledetti problemi. E questa, è la loro storia... Lui, per lei è come una calamita Lei, per lui è la persona sbagliata. Lui, è la tempesta. Lei, è la calma. Lui, è la persona da cui vorresti stare lontano. Lei, è la persona a cui vorresti stare affianco. Lei, è cresciuta volendo pensare al futuro. Lui, è cresciuto restando intrappolato nel passato. Lei, angelo dannato in cerca di emozione. Lui, demone disperato in cerca di pace. Lei, vittima del pericolo. Lui, vittima del crimine. ⏩©copyright,tutti i diritti riservati sequel: "VIVERE NEL PERICOLO". STORIA COMPLETATA⏪

thestories01 · Realistic
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66 Chs

IV° semplice e pura paura

Sorrise in un modo quasi cattivo.

«Ti voglio insegnare il detto: 'chi si fa i cazzi suoi campa cent'anni'.»

Fui completamente spiaccicata contro il muro.

«S-smettila, mi fai paura.»

«Oooh! Hai paura adesso?» mi fu davanti.

«Non capisco il problema che tu abbia nel prenderle...»

Buttò fuori una gran quantità d'ossigeno «Lo sai cosa capita a chi non segue il detto? Rischia prima di farsi male.» anziché rispondermi mi butto lì questa battuta.

Gli dissi «Ora basta...» e anziché far fuoriuscire quelle due parole con sicurezza uscirono in tutt'altro modo.

I suoi occhi esprimevano del divertimento «Ti conviene fare la brava.» si avvicinò ancora, bloccandomi.

«Forse staresti davvero meglio p-prendendole.» avevo toccato un tasto che forse sarebbe stato meglio non pigiare.

Tirò un forte pugno contro il muro.

«Insisti?!»

Mi prese per la grande maglia e mi fece urtare la schiena!

Sei solita a cercare guai.›

All'improvviso lui si sedette a terra e tenendosi la testa fra le mani mugolò dal dolore.

Mi spostai subito da lì!

Mi misi seduta e ben lontana da egli, tirai su le ginocchia e ci 'poggiai sopra le braccia dopo aver messo la testa fra di esse.

Ho una grande paura.› -le mie, erano un sacco di paure.-

Paura di lui.

Paura di non rivedere più il volto di mia madre.

Paura di non uscire da quì mai e poi mai.

Paura di essere vista per sempre come una detenuta o una criminale.

Paura di non poter avere più una vita normale.

Paura di diventare ciò che non ero, mista alla paura di impazzire.

Paura di essere massacrata o di come avrei dovuto comportarmi.

Paura di non saper sopportare tutto questo.

Paura che il buio, lì dentro, si prendesse prima gioco di me e poi si prendesse me.

Ma sapete qual è la paura più grande?›

È quella di guardarsi allo specchio e non saper riconoscersi.›

«Senti...» udiì la sua voce.

Tirai su la testa e tornai con lo sguardo su di lui.

«Be'? Cos'è che ti aspettavi? Ti avevano avvertito, giusto?» cominciò a farmi delle domande retoriche «Ora cosa pretendi da me!?»

«Niente, solo che tu chieda scusa.»

Mi guardò neutro «Come?»

«A me dispiace.»

«Cosa?» esclamò con divertimento «Séh, dai, e tu mi perdoneresti mai?» mi prese in giro per poi mettersi quasi a ridere!

«Sì, non dovrei?» gli risposi, anche fin troppo sicura.

Mi lanciò uno sguardo assurdo, come se fossi stata io la pazza «Non funziona così, sai?» sorrise sghembo.

I miei occhi erano puntati a terra «E come allora?» pronunciai in un sussurro.

«Le persone come me non vengono mai perdonate e se lo fanno è solo per paura.» osservò la stanza.

Non era sempre così, no?

Decisi di fargli questo ragionamento «Quando si pretendono delle scuse se poi fatte bisogna anche accettarle realtamente. No?»

Mi osservò in un modo strano.

Lui «Non funziona così.»Ma non ha senso!›

«E perchè?» chiesi continuando a non capire.

«Perchè è proprio questo il bello di pretendere! Non ti aspetti mai realmente che questo ti dia davvero ciò che vuoi. Così a volte, quando lo ottieni, anche non volendolo più, ti tocca comunque accettarlo.» mi rispose.

«Sembra un...» ci pensai su.

«Capriccio? Lo è.» trovò lui l'aggettivo giusto.

Ebbe un senso.

Feci un respiro profondo.

Arricciai le narici, cos'era questo odore insopportabile? Volsi lo sguardo verso di lui. Si era acceso una sigaretta ed io non ero stata neanche in grado di accorgermi da dove l'avesse tirata fuori.

«E proprio per questo» ne prese una boccata «io non mi scuserò e tu non farai finta di accettarlo.»

Dopo quella frase non gli staccai più gli occhi di dosso.

Decisi di dire allora «Allora io non ti direi che ti scuso, ti direi che ti perdono. Proprio perchè dire di perdonare una persona mi sembra più forte, più vero, dello scusare e basta. Secondo me è differente. Proprio come quando decidi di pronunciare un ti amo o un ti voglio bene.» il mio piccolo discorso si era trasformato in un ragionamento tutto mio «Non ha senso, vero?» feci una smorfia ed increspai un angolo delle labbra.

«Abbastanza...» ammise facendo una smorfia.

Sembrò aver terminato, ma non fu così.

«Io non so quale sia la differenza tra un ti voglio bene ed un ti amo.» decise di parlare e mi sembrò assorto nei suoi pensieri, perché tutto stava prendendo una piega così personale?

«Lo imparerai.» gli dissi non sapendo come comportarmi dopo quello che aveva detto.

«Come tu imparerai a stare quì.» rispose guardandomi talmente in un modo intenso che dovetti scostare lo sguardo.

Come ci siamo arrivati a... "questo"?›

Iniziò ad imprecare, si rimise in piedi cominciando a fare avanti e indietro!

Decisi così di alzarmi anch'io.

Tutta la mia paura sembrò scomparire anche se solo per un attimo, volevo fare qualcosa per lui. ‹Questo è perchè tu hai sempre avuto l'essenza della crocerossina.› -mi fece presente.-

Dopo che si stese nel letto cercai un kit medico. Ovviamente non ce n'era l'ombra, ma qualcosa trovai lo stesso.

Mi diressi verso di lui. Mi guardò male, ma si arrese, data la sua impotenza attuale.

Oramai era praticamente buio e fra poco avrebbero dovuto accendere le luci.

Si saranno accorti che sono sparita?› -mi chiesi.-

Dopo qualche altro battibecco avevo terminato il mio compito.

«Hai finito di farmi da infermiera?»

Ci pensai un attimo.

Io «Mi preoccupa quel livido che hai sul fianco, quello che si vede dove c'è lo strappo.»

Lo so lo so, sembra che lo faccia apposta ma non è così!›

‹Come no! Te hai l'istinto da crocerossina versione porno.› -arrossiì.-

«Che c'è ora?» mi chiese.

«E-emh...»

Sembrò fare un'espressione furba «Vuoi che la levi?»

«No no no, aspe' non pensare male! È che avendo studiato primo soccorso so riconoscere se tu possa avere una contusione o cose simili... Capisci?» io ero imbarazzatissima mentre il signorino si stava godendo la mia espressione!

Lui «Tanto non me la sarei tolta.» aggiunse «Anche se so che ti sarebbe piaciuto.»

«C-c-che?!» boccheggiai.

Alla fine se la alzò di poco.

Sentirà fino a quì che ho il battito accelerato?› -e oltre che essere imbarazzata mi venne pure l'ansia!-

Deglutiì.

Ora potevo vedere meglio la sua muscolatura ben definita. Era pieno di tatuaggi, strapieno!

Non sarei durata più di cinque minuti.

Ma come, le brave infermiere mica vanno in escandescenza per così poco!›

Ti piace infilare il coltello nella piaga èh?

Cominciai a fare ciò che dovevo.

Misi la mano sul suo addome, quanto era... ‹Hei! Li sento quà dentro i tuoi pensieri io!›

Dopo aver fatto il mio controllo tolsi subito le mani e indietreggiai, come se ne fossi rimasta scottata. Anzi no, ustionata, e dalla testa ai piedi!

Calò il silenzio e fu davvero imbarazzante.

«Come ti chiami?» gli avevo davvero chiesto il suo nome così dal nulla?!

Mi osservò ‹Penserà che sia stata stupida!› «Come?» ‹Per l'appunto...›

Ormai non potevo più fermare il tutto, così decisi di rendermi ancora più ridicola «Merito almeno di sapere il tuo nome, no? Non posso chiamarti...» piegai la testa per leggergli i numeri presenti sulla manica. «6 0 6. O sbaglio?»

«Mi mancava pure questa...» commentò tra sé e sé.

Insistetti «Allora? Nulla?»

«Aron.»

«Okay, Aaron.» ripetetti.

Saettò lo sguardo su di me, che avevo fatto? «È Aron, con una sola A.»

«Oh.»

«'Oh', cosa?» mi lanciò uno sguardo torvo.

Io «Niente.» gli feci un gran sorriso.

«Mah...»

«È che di solito, che io sappia, sarebbe con due a.»

Riguadagnai la sua attenzione «Hanno sbagliato a scriverlo all'anagrafe, non l'ho mai cambiato.»

Avevo già scoperto qualcosa in più su di lui, me l'aveva pure deciso di dire senza neanche chiedergli il perchè!

E lui sarebbe pericoloso?› -dissi tra mé e mé mentre ripensai alle parole di Christian.-

«Ho capito.» poi decisi di fare l'ennesima figuraccia «Io sono Taylor!»

Mi guardò in un modo che non seppi decifrare, come se pensasse che fossi stupida «Lo so il tuo nome.» non ebbe finito «Sarebbe interessante, però, sapere cos'ha fatto una ragazzina così a modo come te per finire quà.» nel suo sguardo lessi dell'interesse.

Chiusi gli occhi in due fessure «Io non ti sono venuta a chiedere lo stramaledetto motivo per cui tu ti possa trovar quì.»Che diavolo ti è preso adesso?› -mi ripresi da sola.-

Dopo essersi acceso un'altra sigaretta mi disse solamente «Zitta.»

«Zitta?!»

Egli ribadì «Sì, zitta.»

«Guarda che io questa volta non ti ho fatto niente, sei tu lo sclerotico!» anche io se veniva tirata troppo la corda la pazienza la perdevo.

Si alzò in piedi. Dove trovata tutta questa forza così all'improvviso?!

«Devi stare molto attenta a come parli!» mi urlò addosso.

Mi spinse facendomi inciampare. Cercai di ancorarmi a qualcosa ma non ebbi molto successo, così persi del tutto il mio equilibrio, già precario di per sé, e ovviamente con la mia fortuna finiì per picchiare lo zigomo contro il mobile! Mi morsi la lingua. Il dolore fu piuttosto forte, quasi da farmi mettere ad imprecare ad alta voce. Afferrai poi l'angolo di quel comò per mettermi almeno a sedere e visto il mio intontimento causato da quel male non potei far altro che rimanere lì così.

«'Fanculo.» esclamai, percependo il sangue in bocca.

La sua presa ferrea fu sulla mia spalla, che diavolo voleva?!

«Attenta, ripeto.» mi avvisò di nuovo con voce roca.

S'allontanò.

Forse delle medicine dovresti prenderle, cazzo!› -pensai imperterrita.-

Sentiì un gran male alla schiena, avevo preso l'ennesima botta! Mi si formò in viso una smorfia di dolore. Sentivo il respiro bloccato e non potevo fare niente!

Non l'avrei mai potuto sovrastare.

«Ripetilo!»

Non l'avevo solo pensato. Glielo avevo urlato. 

Mi sovrastò con facilità. Con la mano mi strinse il mento in una morsa, non potei permettermi di distogliere lo sguardo.

«Tu non hai capito niente...»

I suoi occhi non furono più gli stessi.

Iniziò a stringere la presa, anche se di poco. Poi mi mollò. Mi massaggiai la mandibola.

Cercai di mettermi in piedi ma mi cedettero le gambe, così decisi di rimanere seduta dov'ero.

Mi sentiì totalmente oppressa e non fui in grado di capire se da lui o dalla pura di lui.

Come ho fatto a cacciarmi in una situazione del genere?!›

Alzò la mano stretta in un pugno.

«Ripeti-ciò-che-hai-detto!» scandì ogni parola.

Serrai gli occhi.

«Ho detto che f-forse–..» «Dillo!» mi urlò in faccia usando tutto il fiato che probabilmente avrebbe potuto avere dentro ai polmoni.

«Ho detto che delle fottute medicine forse ti servono.» ciò lo dissi tutto d'un fiato avendo paura di aprire gli occhi.

Lo caricò e lo fece schiantare vicino alla mia testa!

Tenni gli occhi chiusi.

Udiì tirarne altri, altri e altri ancora. Potei percepire lo spostamento dell'aria.

La smise ma non seppi se riaprirli. Anzi, non volli farlo.

«Bene–.. Guardami!»

Li apriì di scatto.

«Che intenzioni hai?!» gridai.

Mi guardò con una faccia da sadico «Insegnare.»Cosa vuole dire?!› -mi chiesi terrorizzata.-

Voleva farmi fuori?

Prima di rischiare di farmi tirare un pugno per davvero lo scansai e riusciì a tirargli un calcio! Seppi solo che il mio colpo andò a buon segno, anche non avevo idea di dove glielo avessi tirato.

Gli sfuggiì.

«Aiutooo!»

Mi attaccai alle sbarre laterali.

Mi voltai verso di esso per assicurarmi che non si fosse già rialzato. Il mio respiro si fece palesemente più veloce, stavo tremando.

Cercai di gridare ancora ma non ci riusciì! Potei sentire la sua presa sulle mie spalle. Tentai di aggrapparmi più saldamente alle sbarre ma fu inutile!

Le strinsi come se sarebbero potute essere la mia unica ancora di salvezza. Le strinsi talmente forte da farmi sbiancare le nocche.

Non riusciì a mantenere la presa e mi ritrovai sbattuta con forza contro la parete lì affianco. L'urto mi provocò un gran male a tutta la spina dorsale.

Mi mise una mano attorno al collo e questa volta la sua presa fu ferrea. Già da subito percepiì di non poter respirare.

Mi tirò su da terra! Il mio corpo sembrò un macigno.

Fu questa la sensazione che provai.

Il mio respiro stava venendo intaccato dal suo arto che mi ancorava a questo incubo senza lasciarmi andare.

Stavo davvero soffocando.

Lo guardai dritto negli occhi e fui solo capace di dire «T-ti prego, non farmi del... male.»

Vidi che qualcosa nel suo sguardo si spense.

Mi lasciò.

...FLASHBACK...

«Hei piccolo mostro!»

Tengo gli occhi chiusi e mentre cerco di ripararmi la testa con le braccia rimango accucciata di fianco al muro.

«Diamole una bella lezione.»

Ma cosa vogliono da me questi bambini?!›

Mi sento afferrare per i capelli e ciò mi costringe a tirare su la testa. Lo guardo dritto negli occhi. Posso notare il suo chiaro odio nei miei confronti, che gli ho fatto?! Niente, la risposta era niente.

Ora basta.› -penso forte e chiaro.-

Digrigno i denti.

Questo si allontana leggermente «Oh, vedo che il piccolo mostro che c'è dentro di te si sta risvegliando è?»

Con uno scatto gli salto addosso e gli mordo il collo!

«Aaaaaaaaaah!» urla.

Ora basta, basta, basta. Basta!› -continuo a ripetermi.-

In un attimo mi afferrano e mi sbattono di nuovo contro la parete. Provo un forte dolore, ma non m'importa!

Cerco di divincolarmi ma sono in quattro.

Come mi sarei potuta muovere?

Il bambino biondo che avevo appena attaccato mi guarda dal basso verso l'altro. Se ne sta lì, con un ginocchio alzato e l'altro a terra mentre si tiene la mano sul collo. Proprio nel punto in cui l'ho morso.

Gli lancio uno sguardo di sfida nonostante non mi trovi in una buona posizione.

Uno degli altri si avvicina a lui, fa per tendergli la mano.

«Harmin–..»

Non fa in tempo a finire la frase che mi arriva addosso come una furia! Mi prende per il collo e mi alza da terra.

Cosa posso fare?!›

«Hei voi!»

«Oh no.» commenta una di loro.

Il bambino in questione mi molla.

...FINE FLASHBACK...

Appena mi mollò ricaddi sulle ginocchia.

Cercai di arrancare più aria che potetti ed incrociai le mani sul collo, tremanti.

Me ne rimasi così.

Una sola lacrima mi solcò la guancia. Forse sarà stato a causa dello sforzo nel riprendere ossigeno? O ancora meglio, era a causa del mio sistema nervoso?

Sapevo solo che mi aveva riportato indietro per un attimo, anche se non avevo idea del perchè quelle immagini fossero rinvenute.

Davvero non lo sai?›

Perchè dovrei?!› -non mi rispose.-

Udiì i suoi passi e non osai alzare lo sguardo.