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1°capitolo- nothing

"Morire non é nulla. Non vivere,è spaventoso."

Victor Hugo

Ero solo io,abbandonata a me stessa.

‹Non sono di certo una buona compagnia.›

Alzai il viso verso l'infinito.

Mi inebriai di quel profumo,un odore,penetrante.

Quel tipico odore che ti arriva fin dentro ai polmoni.

In un modo veloce,quasi doloroso.

Da poter far male,passato un certo lasso di tempo.

Uno di quegli odori,che appena lo inebri,lo riconosci.

Uno di quegli odori "preannunciativi".

E l'udito?

Attutito.

Attutito da ciò che annunciava quel particolar profumo.

Conseguenza di quell'odore umido e,spesso,per molti,sinonimo di tristezza.

Era insolito vero?

«Eppure,io in mezzo alla tempesta sto così bene...»

Tenevo ancora gli occhi serrati.

Tuttavia avevo il volto rivolto verso quel cielo oscurato.

Inspirai,inebriandomene,ancora.

Ancora.

Ancora e ancora.

Volevo,speravo,bramavo,che quel profumo tanto odiato da molti s'insinuasse appieno dentro ai miei polmoni.

Che continuasse a trafiggermi il respiro.

‹Non c'è fretta.›

Il mio viso,ne veniva sfiorato.

Sfiorato da ciò da cui fuggiva solitamente la gente.

Qual era la loro paura,la loro inquietudine?

Queste erano solo semplici "carezze",non facevano male.

Le percepivi e basta,quasi.

Ne potevi avere la piena fantasia di come lo potessero sembrare davvero.

Scivolavano sul viso,pian piano,fino ad abbandonare la tua pelle,per poi,poco dopo,far spazio alle successive.

Facendo sembrare,che ogni qual volta,la sensazione non svanisse mai...

Io le identificavo come delle carezze.

‹Non c'è fretta.›

Non udivi nulla,quasi.

Pura leggiadria.

E non era un bene,a volte,non sentire?

Attutiva qualsiasi rumore o pensiero scarlatto.

Alleggeriva il tutto,no?

Udivi solo lo scrosciare di essa,solamente quello.

Come batteva sull'asfalto.

Come si abbatteva,sulla pelle.

Non provocava dolore,a parte quand'era come se non avessi più la sensazione di avere un corpo.

Perchè ormai troppo freddo,intorpidito e quasi folgorato dal gelo che si portava appresso questa.

‹Non c'è fretta.› Non c'è mai stata alcuna fretta nel morire,no?

«Non c'è mai fretta.»

Mi alzai iniziando ad incamminarmi,anche se ormai l'intorpidimento quasi non lo permetteva.

‹Mi manca.›

‹Cosa?›

‹Sentire.›

Questo infondo,era l'unico modo per provare quella sensazione mancata.

04:30

Avevo fatto ritorno.

Avevo fatto ritorno,nella mia gabbia.

‹Laddove puoi ricominciare a perderti nel tuo 'io',non sentendo e percependo nulla.› «Ma io sento.» soffiai,rude.

Ero ancora fradicia.

«Perchè il mio corpo sente,ma non la mia anima?»

‹La disperazione mi attanaglia.›

Fradicia.

Inzuppata d'odore umido,di quello che mi faceva sentire viva.

Di pioggia battente e veloce che ancora si abbatteva sul vetro della mia finestra.

Non aveva cessato.

Ma io,ero dovuta a mio malgrado andarmene.

Fuggire,scappare.

Rinchiudermi,solo perchè se avessi osato provare ancora un minuzioso attimo di quel vivo...

Sarei giunta oltre.

Ogni volta,ogni qual volta rischiavo di oltrepassarlo quell' "oltre".

Solo perché? ‹Io. Non. Sento.›

Allora,cosa mi frenava?

C'era qualcosa che gridava. ‹...-Non ancora.› -terminai nella mia testa.-

Continuava.

Continuava e continuava.

Non taceva mai.

Fino a che non mi drizzavo su abbandonando quella che sarebbe potuta essere definita la mia tomba.

Ciò che sarebbe potuto essere il mio cosiddetto martire.

Quello,che rischiavo ogni volta...

Lo desideravo.

Con smania,lo bramavo davvero.

Lo ambivo come si potrebbe ambire a qualcosa,qualcosa di assoluto.

Qualcosa da percepire,per farmi capire che essa fosse reale.

Che io,alla fine lo fossi...

Avrei voluto solo recepire di non essere solo un contenitore di organi o quant'altro.

Ma di possedere anche un'anima,un cuore.

Un semplice cuore che mi desse almeno un minimo segno di vita.

Invece,no.

Ogni sorgere del sole.

Ogni minuto,secondo e attimo.

Ogni scoccare del pendolo...

Per me non aveva quasi alcun minimo valore.

Come puoi capire d'esser vivo,quando provi solo oblio?

Continuo,imperterrita.

Non ho mai una vera e propria meta,direzione,o riferimento vacquo.

Vagavago e basta.

Continuo a vagare,immersa in quella solita aura eterea anormale.

‹Come posso trovarmi sempre quì?› -penso,ormai stressata da tutta questa situazione epocale.-

«Nika.»

Mi richiama,quella voce alluvisa.

‹No.›

Mi blocco,non riuscendo a formulare un pensiero per "salvarmi".

‹Perchè non riesco mai ad uscire da questo stra maledetto luogo nero?!› -grido,ma rimane un solo e misero pensiero.-

«Nika.»

Mi volto di fretta.

«No!» vocifero.

Per quale arcano motivo anche quì dentro devo intravedere il nulla?!

«Nika.» lo udisco forte e chiaro.

Mi afferra,comincia a impossessarsi dei miei movimenti.

Non riesco a fare niente...

Come se m'incatenasse.

Mi viene impedito di compiere qualunque cosa,di reagire.

Non riesco a sottrarmi da questa sensazione di impedimento.

Sono immobile!

Ma più così rimango,più sento il respiro reprimere...

Più così resto e più son consapevole dell'ininterrotto incatenamento a questo sottospecie di stallo.

Riesco a realizzare sempre più braccia ancorarmi quì,a terra,sempre che ci sia per davvero o che si possa definire tale.

Continuano!

Continuano,non danno tregua!

Aumentano,son sempre di più.

Non riesco a emettere respiro...

Tirai via le coperte.

Cercai di arrancare aria.

Non avevo quasi più ossigeno,non riuscivo ad avere un pensiero di senso compiuto.

Per quale motivo dovevo sorbirmi questo supplizio?

Ogni calar della notte,quando cadevo in un sonno profondo rivivevo questo.

Finivo nel più tetro dei luoghi...

Non intravedevo nulla in quel buio più che totale.

‹Quando finisci "dentro te stessa" non vedi niente perchè tu addietro ti porti solo il buio. Tu,nella tua stessa vita vedi e provi il più completo 'nulla'.› -mi ricordò il mio tarlo.-

Ero davvero ormai così marcia dentro?

Guardai l'orario,erano le 06:00.

‹Non ci andrai vero?› -mi chiese.-

E per quale arcano motivo avrei dovuto?

Mi tirai su da terra e con movimenti lenti mi misi ad osservare il calendario,lessi:

martedì

«Non mi piace il martedì.»

Non avevo la minima intenzione di recarvisi quest'oggi.

Però, probabilmente,se non ci fossi andata mi avrebbero chiamato oppure si sarebbero fiondati quì per dei "controllini".

Ma in fondo...

Sarebbe stato solo per oggi,no?

‹Sì,solo per oggi.› -allora,non sarei andata.-

Passai l'intera giornata a non fare niente.

Il tempo sembrava che non scorresse,eppure,erano trascorse le ore.

Anzi mi sarei dovuta correggere.

L'unica cosa che non andava avanti quì ero proprio io.

Non avevo idea di che ore fossero.

Neanche a far finta d'indovinare.

La mia mente era ferma,l'unica cosa che stavo facendo era fissare l'orologio.

Inerme.

Ero morta forse?

No,se lo fossi stata i miei pensieri si sarebbero spenti.

Anche se un poco già lo ero da tempi immemori.

*dlin dlon*

‹Chi sarebbe mai potuto essere?›

*dlin dlon*

Rimasi ferma,ero tutta intorpidita.

Sarà stata la posizione in cui ero rimasta per un lasso di tempo indefinito?

Sì,cosa molto probabile.

Mi tirai su.

Mi diressi verso la porta a passo lento,tanto il tempo non scorreva in realtà giusto?

Se non lo faceva per me non l'avrebbe fatto per gli altri.

Misi la mano sul pomello freddo.

‹E se fossero loro?› -mi feci la domanda.-

Dopo alcuni secondi aprii la porta.

«Hey,ciao!»

Oh,era solo Carlos.

«Abbiamo terminato lo zucchero e non sono riuscito ad andarlo a comprare in tempo,non è che ne avresti un po'?» mi chiese. ‹Sono le 17:00 del pomeriggio e non è riuscito ad andarlo a comprare?›

Annuii e poi m'incamminai verso la cucina per prenderne un po'.

«Ti ringrazio.» disse,appena glielo porsi.

‹Perchè non se ne va?›

Rimase fermo,continuava ad osservarmi e la cosa non mi piaceva.

Feci per richiudere la porta «Aspetta!» ‹Cosa vuole ancora?»

Io «Hai bisogno d'altro?» gli chiesi atona.

Carlos iniziò a giocherellare coi suoi ricci,era nervoso per caso? «B-beh,io...» lasciò la frase in sospeso.

Lo restai ad osservare senza alcuna espressione «Allora?»

Si appoggiò allo stipite della porta e mise le mani nelle tasche posteriori dei jeans «Mi chiedevo se...- Se ti andasse,insomma.»

Rimasi ferma «Se mi andasse,cosa?» insistetti,anche se già potevo intuire ciò che mi avrebbe chiesto. ‹Lo credo,te lo chiede da mesi.›

«Se ti andasse di uscire con me.» sputò fuori.

Sospirai,chiusi per un millisecondo gli occhi,li riaprii e gli dissi «Senti...-» «Nika,tu mi piaci.»

‹Già lo sapevo.› -espressi quel pensiero,senza dirlo ad alta voce.-

Sicuramente lo avrei turbato,forse,se avessi detto che già lo avevo intuito.

Io «Ah sì?»

Sì,avevo detto che già lo sapevo ma avrei voluto come "qualcosa in più".

Non so,quell'emozione minima che ti riscuoteva quando qualcuno ti confessava una cosa del genere,cosa che non era da poco.

Ma io?

Come al solito non mi ero smossa di un singolo millimetro.

Era che forse speravo nel fatto che se avesse continuato a dirmelo avrei realizzato,iniziando a sentire qualcosa...

Un minimo.

Carlos «In realtà mi piaci da tanto,dalla prima volta in cui ti sei trasferita quà.» ‹Sapevo già anche questo.› -espressi sempre nella mia mente.-

Invece,nulla.

Lo rimasi a fissare,lo stavo forse mettendo a disagio?

‹Tu metti sempre tutti a disagio.›

Si schiarì la voce e iniziò a guardarsi in giro.

‹Ti prego,insisti.› -ma anche questa volta,rimase un solo e misero pensiero.-

Fui io a prendere parola «Allora ci ved...-» ‹Non farlo.› -mi interruppe,poi cambiai frase.- «E quando mi hai vista la prima volta?»

Il suo sguardo inizialmente sembrò quasi perso ma appena cambiai le mie parole fu come se si fosse riacceso.

‹Quindi ho fatto bene?›

‹Hai fatto più che bene.›

Gli spuntò un sorriso «Eri davanti l'entrata,girata di schiena.»

Cominciò a raccontare.

«Ero appena uscito di casa,dovevo andare a prendere lo zucchero. Guarda caso è?» ridacchiò «Bé... Ti ho intravista,insomma. Ti avevo notata subito. Non ti riuscivo a toglierti gli occhi di dosso.» ‹Be',wow.› -esclamai,anche se non c'era la minima emozione in questa mia esclamazione mentale.- «Hai preso la borsa su da terra e sei venuta verso di me. Ti ho salutata,ma tu non hai risposto.» il suo entusiasmo nel raccontarmelo sembrò affievolirsi appena.

«Oh.»

Non aveva finito «Non dire così! Io mi sono fermato e tu sei andata avanti fino a raggiungere il tuo appartamento.» fece una breve pausa «Poi però ti sei girata...» ‹Oh,se tu sapessi...› «E mi hai guardato.» ‹Non stavo guardando te.› -quel giorno mi ero voltata per assicurarmi di non aver dimenticato niente.-

«Ho capito.» dissi solamente.

Carlos fece un passo verso di me «Non mi sei più uscita dalla testa.»

Ad ogni ragazza normale per delle parole simili le sarebbe iniziato a battere il cuore a mille,ma non a me.

«Dal primo giorno che ti ho vista,mi sei sembrata diversa.»

Mi bloccai «Diversa...» ‹Sì,'diversa' ha detto.› -mi si formò un groppo in gola.-

Carlos piegò la testa e mi si avvicinò ancora «Chiaramente lo sei.»

Saettai i miei occhi nei suoi «Sono diversa.»

«Emh,sì...?» si grattò la testa.

Strinsi la presa sul telaio della porta,non seppi il perché mi avesse provocato questa strana reazione «Ci vediamo,allora.»

«Ma non hai ancora rispo...-» non lo feci terminare,gli sbattetti la porta in faccia.

‹Diversa. Io,sono diversa.›

Era un termine che non mi piaceva.

Me lo avevano sempre affibbiato,forse era per quel motivo?

Ma la gente,cosa intende quando come aggettivo usa questa parola insulsa?

Cosa voleva dire davvero 'essere diversi'?

Che cosa...stupida.

A parer mio era una cosa negativa. ‹Soprattutto se si parla di me.› -terminai.-

Ero ancora ferma davanti alla porta.

Non avevo ancora udito l'echeggiare dei suoi passi per il corridoio,era ancora quì?

Prima di scoprirlo feci marcia indietro e tornai in camera.

‹Perchè?›

‹Perchè,cosa?›

‹Perchè fai così.›

‹Perchè io sono fatta così.›

Non seppi l'esatto motivo,ma rimasi tesa per il resto della giornata.

Era questo il fatidico fastidio per caso?

Non lo sapevo.

Forse sì,forse no.

Continuavo a rimuginare su quella stupida insulsa frase...

Perché non riuscivo a basarmi su tutto il resto ma solo su di essa?

Ogni qual volta se dalla bocca del mio interlocutore fuoriusciva anche solo una singola parola sbagliata io riuscivo a pensare solamente a quella, perché non potevo guardare il resto?

Era come se percepissi solo la negatività e non il buono che vi si poteva trovare in un discorso.

21:12

Avevo cambiato postazione,mi trovavo sul divanetto del mio spazioso monolocale.

Non avevo toccato cibo ma sapevo di aver bisogno di mettere qualcosa dentro lo stomaco.

Altrimenti,mi avrebbero obbligata. ‹Loro,mi obbligano a fare sempre tutto.› -mandai giù la saliva.-

Sarebbe stato meglio se mi fossi cucinata qualcosa,anche una sciocchezzuola.

Almeno forse avrei sentito che dentro di me qualcosa "c'era",lo sapevo,stupido,ma reale.

Avrei potuto provare quella stupida sensazione di pienezza.

Se solo avessi saputo come si sarebbero potute ingurgitare delle emozioni,anzichè cibo,avrei iniziato a mangiare più che regolarmente.

Ma a mio malgrado così non era.

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